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La questione è di metodo ma anche di sostanza. In attesa di lunedì, del primo vertice sulla manovra finanziaria, nel governo ci si interroga su un modo di procedere: meglio fissare gli obiettivi - comunque misurati e prudenti, secondo la rotta tracciata da Meloni e Giorgetti - e poi fare di tutto per raggiungerli, oppure meglio trovare le risorse attraverso tagli e maggiori entrate e poi definire le priorità. La strada preferita dalla premier sembra essere la prima, e preoccupa non poco i ministri con portafogli pesanti, che potrebbero essere chiamati a sforbiciate pesanti nei loro dicasteri per agguantare risultati che la premier giudica politicamente rilevanti in vista delle Europee del 2024.
E la “lista” delle cose da fare, a quanto si comprende, sarebbe già a buon punto di cottura. Sul capitolo natalità, si punta su incentivi ai nidi aziendali, su uno specifico bonus secondo figlio e su sgravi fiscali sui nuclei con tre figli, assorbendo solo in parte le risorse non utilizzate dell’assegno unico. La restante parte tornerebbe utile per le altre misure economiche.
L’altro intervento che la premier non vorrebbe eludere è quello sulla rivalutazione delle pensioni minime. Forza Italia spinge anche per tenere vivo uno dei cavalli di battaglia di Berlusconi. L’ipotesi su cui si ragiona è un assegno da 670 euro al mese. Prende forma anche un dossier-medici, specie quelli sulla frontiera dei pronto-soccorso, con un aumento di stipendio di circa 200 euro che però verrebbe dilazionato su due annualità, 2024 e 2025. Mentre sullo sport per le famiglie più disagiate, su cui ieri si è mossa Fdi, l’indirizzo pare essere quella di una risistemazione delle agevolazioni esistenti.
Sono segnali, più che interventi che cambiano la rotta del Paese. Mentre la sfida più grande resta la conferma del taglio del cuneo fiscale. In attesa che si incasellino tutti i numeri della Nadef, e che si schiarisca il sistema di regole europee valido nel 2024, ci sono dei dubbi sul fatto che si riesca a rendere strutturale la misura. Mentre pare più fattibile una proroga di un anno: trovare risorse extra, infatti, è più semplice e meno “doloroso” che andare a mettere il bisturi in modo strutturale dentro la spesa pubblica.
Manca, nella “ricetta” che si sta scrivendo a Palazzo Chigi, il colpo a sorpresa. Non è detto che ci sia, dati i chiari di luna. Ma si valuterà più avanti, anche “misurando” i sondaggi sulle forze di governo mano a mano che si avvicinerà la scadenza elettorale europea. Un “blitz” su una misura “popolare” potrebbe avvenire solo se l’Europa consentisse di trascinare nel 2024 qualche forma di deroga sul deficit.
Numerose le promesse elettorali che la premier e il governo si avviano a considerare come «non praticabili nelle condizioni date». Il superamento della riforma Fornero è una chimera e Salvini non mancherà di dolersene. Ma ancora più insidioso da un punto di vista politico sarebbe un freno alla rivalutazione delle pensioni medie e alte, che potrebbe risultare necessario per trovare la gran mole di denari che ancora manca all’appello.
Segnali in questa direzione sono stati colti anche dai sindacati. Non è un caso che ieri il leader della Cgil Maurizio Landini abbia chiesto, con una lettera alla premier, di avviare subito un confronto a Palazzo Chigi. A tema, per Landini, dovrebbero esserci i salari, i contratti e, appunto, le pensioni.
Mentre Pd e M5s si preparano ad un’azione di opposizione dura in cui si metterà nel mirino anche l’affanno dei negoziati con l’Ue sul nuovo Patto di stabilità, Calenda ed Azione chiedono di «mettere tutte le risorse sulla Sanità».
Non mancano le tensioni dentro la la maggioranza. Le privatizzazioni piacciono a Fi ma non alla Lega. La premier potrebbe soprassedere sul tema perché precedenti propositi di altri governi non hanno consentito di racimolare granché.