«Quando si mette in discussione il principio di uguaglianza cominciano i guai. Un regime autoritario comincia con le discriminazioni». Luciano Violante, con il suo discorso di insediamento da presidente della Camera, nel 1996, contribuì molto, in una fase di grande cambiamento, a 'sdoganare' la destra chiedendo di capire quali fossero le «ragioni dei vinti», ma, oggi come ieri, «nessuna parificazione è possibile fra chi ha combattuto per la libertà e chi stava dalla parte dei vagoni piombati«.
È pentito di quella presa di posizione, oggi?
I pentimenti in politica sono spesso la fiera delle ipocrisie. L’obiettivo era ed è quello di superare il paradigma dell’odio, un tentativo di capire perché molte centinaia di ragazzi e ragazze quando tutto era perduto si schierarono dalla parte sbagliata. Capire le ragioni dell’altro, chiunque sia l’altro, è un parametro chiave della democrazia. Qualcosa di simile disse Togliatti al congresso dei giovani comunisti nel 1945: «I vostri nemici non sono i vostri coetanei, ma i capi che li hanno guidati».
Chi ha subito l’esilio credendo nella democrazia, non può pensare di infliggere le stesse sanzioni agli avversari...
Ho letto su una rivista storica che con quel discorso avrei abbandonato il paradigma antifascista. In realtà l’antifascismo, quando è un modo di essere della democrazia, presuppone lo sforzo di capire le ragioni degli altri, non per condividerle o per giustificarle, ma per un rapporto rispettoso dell’avversario, non ricorrere ai modelli fascisti da antifascisti. Solo chi non è forte dei suoi convincimenti ha paura di confrontarsi con le ragioni degli avversari.
Che cosa si può dire, allora, dopo 23 anni in cui la destra ha lungamente governato?
Distinguerei fra una destra democratica e una destra violenta. In tutta Europa (Ungheria, Polonia, Repubblica ceca, come anche in Germania, Francia e Spagna) sono emerse forze che inneggiano alla violenza contro l’avversario in nome in nome di un principio di discriminazione contro zingari, ebrei, immigrati, contro chi la pensa diversamente, e poi contro i bambini che non mangiano a mensa se i genitori sono poveri o contro le donne, o contro i vecchi. Si aggredisce chi è considerato diverso in nome di un nazionalismo che sta diventando la maschera di una sorta di suprematismo bianco che pratica attivamente in qualche municipio come in qualche strada il principio di disuguaglianza e l’aggressione permanente verso chi è considerato diverso.
Nello stupro ad opera di giovani di CasaPound vede un nesso con tutto questo?
Vedo la ripetizione di modelli: Primo Levi racconta che agli ebrei veniva detto: «Nessuno vi crederà». E gli aggressori di CasaPound avevano detto la stessa cosa alla donna violentata. La violenza contro l’altro percorre sempre le stesse strade..
Un altro sintomo del ritorno di modelli fascisti? Questo dibattito rischia di sprofondare in una disputa puramente ideologica. Devono preoccuparci il moltiplicarsi delle violenze, il sostegno autorevolmente dato ad alcuni violenti e l’indifferenza, che è una porta aperta alla violenza.
Ma ai rappresentanti delle istituzioni, specie se preposti alla sicurezza, non è richiesta allora una responsabilità in più per non alimentare, fosse anche senza volerlo, questi processi?
In ciascuno di noi c’è una parte buona e una parte negativa, e così anche in ogni forza politica. Chi solidarizza con chi discrimina propone un modello di comportamento che penalizza i più deboli e favorisce i violenti. Il rischio è di tirar fuori dalle persone il peggio, dalla volgarità alla violenza, fino alla barbarie.
Ma quando scatta l’allarme di apologia del fascimo? Con i saluti romani alle cerimonie, con quei ragionamenti per cui «Mussolini ha fatto anche cose buone»? Anche Attila avrà fatto anche delle cose buone, non foss’altro per la legge dei grandi numeri. Il giudizio della storia non può essere cambiato. Si tratta semmai di ricordare, oltre a Matteotti e alle leggi razziali, l’abolizione della Camera dei deputati, il Tribunale Speciale e la cancellazione di tutte le libertà.
C’è da essere preoccupati, quindi?
Quando cresce il principio di disuguaglianza c’è sempre da preoccuparsi. La libertà è come l’aria: ti accorgi che c’è quando comincia a mancare. Un nero, uno zingaro, un immigrato, un ebreo oggi ha meno diritti di lei e di me. Non è accettabile.