sabato 15 marzo 2025
L'impegno dell'associazione "Fornelli resistenti" per aiutare chi arriva in città dalla rotta balcanica
A Trieste cene e pacchi di viveri ai migranti
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“Amore è soprattutto dare, non ricevere”, aveva scritto Erich Fromm nel suo saggio L’arte di amare individuando, tra tutte le forme d’amore, quella che considerava la più fondamentale: l’amore fraterno, un sentimento che si realizza nell’unione, nella comprensione e nella solidarietà con il prossimo, con l’indifeso, il povero, lo straniero. In altre parole, con ogni essere umano. Con l’amore fraterno ci si dona, si apre il proprio cuore ai bisogni degli altri, ci si prende cura di loro con com-passione e altruismo, proprio come stanno facendo da anni a Trieste, città crocevia di popoli, le associazioni e i gruppi che accolgono e assistono le persone migranti arrivate in Italia dalla rotta balcanica.

Fanno parte di una rete solidale che mette insieme realtà del terzo settore, dell’attivismo e del volontariato alle quali si sono uniti, negli ultimi tempi, i cittadini e gli attivisti (compresi gli scouts) da tutto il Nord Italia che operano con i Fornelli Resistenti, una “trama di persone”, cioè, che ha deciso di costituirsi nell’ottobre di due anni fa a Treviso per supportare le attività di Lorena Fornasir e Gian Andrea Franchi, i fondatori dell’associazione Linea d’Ombra.

Come si evince dal nome - scelto dalla stessa Fornasir, figlia di partigiani -, i Fornelli Resistenti hanno nel cibo, preparato e cotto con quel sentimento che gli antichi greci chiamavano agapè, il proprio nucleo. Dal 2023 infatti, sera dopo sera, gruppi diversi di volontari di questo movimento civile che comprende anche le Cucine Resistenti e altre realtà simili, tutte coordinate dall’ong Mediterranea Saving Humans, preparano i pasti che distribuiscono poi in Piazza Libertà a Trieste alle tante persone arrivate dall’altra parte del mondo per sfuggire alla fame e alle guerre.

«A tutti cerchiamo di offrire un pasto caldo e un po’ di serenità», racconta Floriana Faranda, una delle volontarie della prima ora insieme a Lucia Sartor e Paride Birello, i “genitori” dei Fornelli Resistenti. Una o due volte al mese, sulla base di un calendario gestito da Mediterranea Saving Humans, Floriana e altri volontari partono da Treviso per distribuire il cibo in piazza.

«Non basta nutrire un corpo, è necessario che possa gustare anche l’anima. E questo chi cucina lo sa, e noi che portiamo il cibo, lo sentiamo nel momento in cui si aprono le pentole: il profumo che si alza e si diffonde nell’aria parla della cura con cui il cibo è stato preparato, l’amore che ha guidato quelle mani e che crea un legame”, le fa eco Nicoletta Ferrara, anche lei trevigiana, anche lei tra le prime volontarie dei Fornelli. «La nostra non è mai mera distribuzione di chi ha tanto verso chi ha poco o niente. Questo risulta evidente anche per la preziosissima cooperazione con i ragazzi migranti che sono a Trieste da un po’ di tempo: conoscono un po’ di italiano e si fanno mediatori. La loro opera è fondamentale da un punto di vista pratico, ma anche di significato: ristabilisce gli equilibri. La cosa che in piazza si vede è che ciascuno è ospite dell’altro, senza distinzione, senza protagonismi, senza dislivelli».

Tutte le sere, dalle sette alla mezzanotte, la piazza diventa perciò un vero e proprio mondo (e Piazza del Mondo è proprio il nome che i fondatori di Linea d’Ombra hanno dato a quel luogo) che profuma di buon cibo, di musica, di incontri: un luogo di cura e di amore fraterno dove gli esseri umani si aiutano l’un l’altro senza chiedere niente in cambio.

«Nel gruppo c’è chi cucina, chi porta la frutta e la verdura acquistata o donata da vari supermercati; chi porta i tavoli dove appoggiare i contenitori termici con il cibo, chi i piatti, i bicchieri e le posate e così via. Noi dei Fornelli Resistenti ma anche i gruppi che costituiscono le Cucine Resistenti siamo passati dal preparare pasti per un centinaio di persone al farlo per più di duecento, come è successo la scorsa estate. In questi mesi invernali invece, anche per via delle nuove restrizioni che hanno portato ad una diminuzione degli arrivi, ne stiamo distribuendo in media una sessantina», precisa Floriana.

È grazie a questa rete di cui anche i Fornelli fanno parte - non certo delle recentissime ordinanze che in nome della “prevenzione e sicurezza urbana” e contro “il degrado e la violenza” hanno istituito zone rosse anche nella piazza-simbolo della lotta all’indifferenza e alla paura – se Trieste è diventata quella che Papa Francesco ha chiamato una «metafora di fratellanza», un esempio di accoglienza «intelligente e creativa – che coopera e integra – delle persone migranti».

«Partendo dal cibo come elemento base vitale, noi scegliamo di “stare”, di metterci di fianco a chi subisce violenza. Il nostro gesto va oltre il nutrimento, diventa una scelta politica, nel suo significato più nobile», afferma ancora Nicoletta.

La Piazza del Mondo è un laboratorio sociale ma è anche un luogo capace di coagulare i sogni: quelli dei migranti, di raggiungere luoghi dove trovare finalmente la libertà, la dignità, un lavoro, la sicurezza, e quelli della società civile, di vivere in un mondo più umano, più democratico, più tollerante e più giusto. Per tutti.

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