Un momento del convegno svoltosi a Kiev con parlamentari ucraini, italiani, europarlamentari e sindaci d'Italia - Daniele Biella
Sabato ha riunito per la prima volta tutte le Chiese d’Ucraina in un momento di preghiera in piazza Santa Sofia a Kiev. Ieri ha promosso un convegno che ha sancito la nascita di un gruppo di esperti che porterà all’Unione Europea una proposta di legge per fare nascere i Corpi civili di pace europea, ben 28 anni dopo il tentativo del compianto Alex Langer. Questo è riuscito a fare, nella sua nona missione ucraina, il Mean, Movimento europeo di azione nonviolenta, gruppo di volontari nato all’indomani dell’invasione russa e composto da persone di tutta Italia e di varie galassie della società civile, dallo scoutismo all’associazionismo di base, dal giornalismo sociale all’impegno sindacale, laici e religiosi, credenti e non.
Erano in 63 in quest’ultimo viaggio, che non portava materiale – come invece avvenuto nei primi viaggi – ma corpi, dialogo e stimoli a pensare il conflitto anche sotto un aspetto più nascosto ma non per questo meno importante: la ricostruzione della società ucraina devastata dai traumi fisici e mentali della guerra e di tutto quello che ne deriva in termini di dolore, perdita e incertezza per il futuro. “La guerra è un fallimento. Ma la pace non va promossa a parole, ci vogliono azioni concrete. Venire a Kiev, fare incontrare e dialogare le persone che poi si occuperanno della ricostruzione sociale è una di queste”, indica Marinella Sclavi, portavoce del Mean ed esperta di gestione dei conflitti. La conferma dell’efficacia di tale azione arriva direttamente dal Nunzio apostolico in Ucraina, monsignor Visvaldas Kulbokas, tra i primi a prendere parola al convegno Il futuro dell’Europa passa da Kiev nella splendida cornice del Palazzo d’Ottobre, a due passi dalla celebre piazza Maidan.
“Lanciamo un grido di disperazione, dato che né le organizzazioni internazionali laiche né quelle ecclesiastiche sono riuscite finora a fare trionfare la vita sulla morte: ci vuole una voce unanime, sia dall’Ucraina che dalla Russia. Ora non riusciamo, ma prima o poi dobbiamo riuscire a parlare assieme, e con l’istituzione dei corpi civili di pace possiamo, anzi dobbiamo fare qualcosa in tal senso”, si appella il Nunzio ai presenti. Ovvero almeno un centinaio di persone tra membri dei ong, sindaci e parlamentari ucraini, ma anche amministratori locali italiani – nella delegazione c’erano la vicesindaca di Milano Anna Scavuzzo e i primi cittadini di Fano e Fermo, Massimo Seri e Paolo Calcinaro – oltre ai parlamentari Federica Onori (M5s) e Giuseppe Provenzano (Pd) e l’europarlamentare Fabio Massimo Castaldo (M5s). “C’è bisogno degli Ecpc (European civil peace corps), i Corpi civili di pace europei”, incalza lo slovacco Marcel Pesko, Rappresentante speciale per l’Ucraina dell’Osce, Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. “A fianco della diplomazia, basata sul rispetto dei confini dell’Ucraina e la sua sovranità territoriale, ci vorrà un lavoro sul campo, con la gente, che la accompagni ne risolvere i propri problemi: è qui che vedo il lavoro degli Ecpc. Un lavoro molto importante”. In una Kiev che vuole ripartire il prima possibile, il pensiero di Pesko getta una luce timida ma tenace luce nei 600 giorni di oscurità lasciati dagli echi della guerra ancora in corso qualche centinaio di chilometri a est.
Per le strade del centro della capitale si vedono decine di giovanissimi che ballano attorno a un cantautore “in solidarietà con i ragazzi delle città ancora sotto assedio, che non possono uscire da casa”, raccogliendo fondi da mandare al fronte, perché il sentimento generale è chiaro: “dobbiamo difenderci, per vincere”. Nella metro altri ragazzi suonano l’arpa elettronica nel luogo dove poco dopo viene distribuito il cibo per i tanti sfollati interni del conflitto. Il tutto prima del coprifuoco che scatta a mezzanotte: il sistema antimissile rende Kiev più sicura di qualche mese fa, ma il pericolo è dietro l’angolo. “Tutti i cittadini che han preso le armi, dagli operai ai professori, l’han fatto per esistere in un paese libero. Ma poi verrà il tempo della pacificazione e lì ci sarà bisogno di personale qualificato anche tra i Corpi civili di pace, magari anche ex poliziotti e militari, non armati, che conoscono come agire in contesti delicati di post guerra”, sottolinea Giovanni Kessler, magistrato ex Direttore generale dell’Olaf, Ufficio antifrode della Ue. Dietro le quinte ci sono già decine di ucraini che lavorano de facto come Ecpc.
“Sono specialisti che lavorano per facilitare il ritorno alle relazioni sociali delle persone traumatizzate”, spiega Alona Horova, portavoce dell’operosa ong ucraina Ipgc, Istituto per la pace e il bene comune. Traumi che sono visibili tra la comunità di Buca, vittima dell’eccidio più eclatante dell’invasione russa, oggi già memoria attiva nel memoriale in costruzione nel giardino antistante la Chiesa ortodossa cittadina. Che conta finora, per difetto, 501 lapidi di ogni età. “Faremo ogni passo possibile per far entrare in azione gli Ecpc”, sancisce in chiusura del convegno Vadym Halaichuk, parlamentare ucraino e co-presidente dell’Associazione Ue-Ucraina. Si spinge anche oltre l’europarlamentare Castaldo: “Manderò nei prossimi giorni una Raccomandazione alla Commissione europea per istituire i Corpi civili di pace”. E le prossime elezioni Ue, a inizio giugno 2024, sono un’occasione da non perdere.