Chi conosce Eugenia Roccella sa che è donna amante del dialogo, che preferisce parlare di questioni concrete, più che di ideologia. E tuttavia la sua nomina è stata accostata a un’idea di “oscurantismo” omofobo e bigotto. «Vedo una ostilità preconcetta in certe prese di posizione. La mia storia dice altro - rivendica -, è una storia di laicità, sempre dalla parte delle donne».
Se l'aspettava questa nomina? Quando e perché Giorgia Meloni ha pensato a lei?
Lei è una donna: la prima a guidare un governo nel nostro Paese, non mi stancherò di sottolinearlo. Vederla accanto a Draghi, nella cerimonia della campanella, al momento del passaggio di consegne, è stata un’emozione enorme. Non mi aspettavo la nomina, ma penso che mi abbia voluta nel suo governo proprio perché conosce il mio impegno per le donne, e penso che sia politicamente che a livello personale, per il suo vissuto, è un tema che le sta profondamente a cuore.
Fa discutere il cambio di denominazione nei ministeri. Nel suo caso, se tutti parlano di inverno demografico, perché tanto scalpore se si mettono insieme il sostegno alla famiglia e la lotta alla denatalità?
C’è il tentativo di far passare l’idea di un governo nostalgico, reazionario, e quindi di far passare le politiche demografiche come una riedizione di quelle mussoliniane per dare figli alla patria. In realtà tutti ormai sanno che la denatalità è un problema enorme, che provoca squilibri difficilmente sanabili e impedisce al Paese di crescere economicamente, ma la politica finora ha sempre adottato soluzioni spicciole, di corto respiro.
Come contrastare sul serio, allora, l’inverno demografico di cui tutti parlano senza che mai si muova nulla per invertire la rotta?
Io penso che esso nasca soprattutto da una mancanza di libertà femminile, di pari opportunità, come Mattarella ha giustamente intuito quando ha suggerito l’accorpamento delle pari opportunità con la famiglia. Oggi le donne non sono libere di essere madri e di seguire contemporaneamente le proprie ambizioni e i propri talenti, spesso sono messe di fronte a scelte che escludono una delle due opzioni. È su questo che è necessario intervenire.
L'assegno unico è stato un primo segnale, in cui un ruolo decisivo hanno avuto partiti che non sono della maggioranza attuale. Meloni ha promesso di potenziare l'intervento, lei pensa sia possibile proseguire su questa strada in modo condiviso?
L’assegno unico è stato un importante tentativo di superare le politiche dei bonus e delle misure non strutturali. Credo sia necessario correggerlo (attualmente penalizza le famiglie numerose) e credo che su questo si potrà trovare un consenso trasversale. Attraversiamo il momento forse più difficile della nostra storia repubblicana, con una guerra alle porte e una pesante crisi energetica, e per questo Giorgia Meloni non ha voluto fare promesse elettorali. Credo quindi che bisognerà mettere in campo soluzioni nuove e creative, non scontate, per sostenere la maternità e dare respiro alle famiglie, mantenendo la spesa pubblica sotto controllo, perché le necessità e le urgenze oggi sono tante. Ma penso che si possa fare.
La sua nomina è stata vista come una minaccia ai diritti delle persone e delle coppie omosessuali. La tutela della famiglia e di questi diritti possono coesistere?
Non credo ci sia un vero timore per i diritti, né per la mia nomina né per l’attività del governo. Credo ci sia solo il tentativo di far crescere, almeno in una parte del Paese, un clima di allarmismo e ostilità preconcetta nei confronti del governo e di chi lo rappresenta. Molti di quelli che mi attaccano sono in perfetta malafede, perché sanno benissimo che la mia storia personale (vengo da una famiglia laica e radicale, da ragazza militavo nel partito di Pannella) mi impedisce di essere omofoba e reazionaria. In questi attacchi così violenti c’è molto antifemminismo (non si sono rivolti con la stessa aggressività a figure assai più caratterizzate) e un anticattolicesimo pregiudiziale, che è l’esatto contrario della laicità.
Sulla legge 194 lei ha chiarito che non è competenza che la riguarda direttamente. Ma ha colpito, fra le reazioni all'accelerazione di Bonaccini sulla pillola abortiva, l'attestato di correttezza che ha attribuito alle iniziative del presidente dell'Emilia Romagna.
Proprio perché io sono laica, giudico i fatti e non ho pregiudizi. La pillola abortiva Ru486 si può usare per scopi diversi: può essere solo un modo (non il più sicuro) per abortire, o può diventare la leva per scardinare la legge 194, per cambiarne profondamente l’impostazione, aprendo all’aborto a domicilio. Il governatore Bonaccini, a differenza di altri, ha usato molta cautela, e io gliel’ho semplicemente riconosciuto.
Lei ha chiarito che l'aborto, previsto da una legge che non intendete modificare, resta un dramma, come tale da prevenire fin dove possibile. Esiste un livello in cui tale prevenzione, che è parte integrante e per niente attuata della stessa 194, può interagire con la lotta alla denatalità?
Esaminando i dati di altri Paesi mi sembra che le due cose siano nettamente distinte. Le Nazioni in cui c’è un tasso di natalità più alto del nostro hanno in parallelo un tasso di abortività superiore: insomma, in genere il rapporto tra le nascite e gli aborti è sempre lo stesso. L’applicazione della prima parte della legge 194 è un problema di equità sociale, non di demografia: se non sappiamo sostenere le maternità difficili accettiamo il fatto che i figli siano un privilegio, che solo chi ha i mezzi li possa fare. Se una donna ha difficoltà economiche o di altro tipo, ma il figlio lo vuole tenere, mi sembra assurdo e anche incivile che non la si aiuti a realizzare il suo desiderio di maternità.