Davide Prosperi, presidente della Fraternità di Comunione e LIberazione - Meeting di Rimini
In casa ciellina, da sempre, tutto ruota intorno all’amicizia. Sull’amicizia è fondata la pedagogia di Giussani. Il Meeting si chiama non a caso “dell’amicizia tra i popoli”. Il tema di quest’anno è dedicato all’amicizia “inesauribile” di Dio. Ed è proprio un’amicizia teologicamente intesa la chiave dell’unità di CL e del rapporto con la Chiesa. Come ci conferma in quest’intervista il presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, Davide Prosperi.
Perché avete scelto di parlare dell’amicizia?
Il Meeting ha un’autonomia organizzativa e di proposta ma, come tutti sanno, è una forma espressiva del movimento e quindi i titoli, e questo in particolare, sono sempre stati condivisi. Quest’anno è stata fatta una scelta anche con la volontà di dare un giudizio sul momento storico che sta vivendo il movimento. L’amicizia è infatti la forma entro cui si è sviluppato l’insegnamento di Giussani e dalla quale hanno preso corpo le comunità, la presenza pubblica e le opere del movimento, compreso il Meeting. Inoltre l’amicizia come criterio di affronto del rapporto con la realtà contiene anche un giudizio, per certi versi rivoluzionario, sul tempo in cui viviamo, segnato da un individualismo che, come ha giustamente rilevato il cardinale Zuppi proprio al Meeting, lascia le persone profondamente sole.
Come fate a spiegare quest’amicizia fatta di abbracci, discussioni e incontri alle generazioni digitali?
I nostri giovani sono figli del loro tempo, ed è giusto che lo siano. Ma lo scopo di un movimento come il nostro non cambia: è e rimane l’educazione alla fede secondo il metodo di conoscenza fondato sui testimoni. Oggi la dinamica della conoscenza è cambiata, si vuole avere tutto e subito. La superficialità è diventata così la cifra di ogni rapporto. Ai giovani proponiamo di seguire una presenza umana concreta, che è fondamentale per avere un rapporto autentico con la realtà. Altrimenti prevale la proiezione che ognuno di noi fa sulle cose. Per questo l’amicizia è centrale: Cristo si comunica attraverso la partecipazione a una compagnia che Lo riconosce presente.
Il termine “compagnia” ricorre spesso in questa discussione: concretamente, cosa significa?
Giussani parlava di “compagnia guidata al destino”. “Compagnia” significa gratuità, cioè ognuno ha a cuore il destino dell’altro, e reciprocità, ovvero ognuno nel donare la vita per l’altro capisce che facendolo realizza anche la propria. Poi questa compagnia è “guidata”: si segue qualcuno che indica la strada. E infine è una compagnia guidata “al destino”, ovvero ha dentro quel “per sempre” a cui il cuore anela. L’amicizia di Cristo dentro una compagnia così intesa offre a tutti gli uomini e le donne la certezza di non essere soli e una vera liberazione dal male e dalla paura. Per questo ci chiamiamo “Comunione e Liberazione”. Mi pare una proposta interessante per chiunque, credente o meno.
Cos’è oggi Comunione e Liberazione?
Un movimento ecclesiale con una forte vocazione missionaria, come tutti i movimenti post conciliari. Esistiamo perché un certo particolare carisma è stato capace di affascinare generazioni di giovani, ridando loro fuoco ed entusiasmo nell’adesione all’esperienza cristiana. E Giussani ci ha insegnato a non tenere per noi questa bellezza.
Perché, spesso, i movimenti riescono ad arrivare al cuore dei giovani e la Chiesa no?
Non concordo con questa distinzione perché i movimenti sono parte della Chiesa. A partire dagli anni ‘50 le persone, i giovani soprattutto, si sono progressivamente spostate da luoghi sociali “cristiani” per definizione, come oratori o parrocchie, in altri ambienti. La caratteristica, anzi la vocazione dei movimenti è proprio quella di essere presenti in questi “nuovi” ambienti. Inoltre in un tempo di profonda incertezza esistenziale Giussani ha saputo comunicare certezze. Non dogmi a cui dover aderire, ma un’umanità integrale, un’amicizia cristiana fatta di parole, azione e vita comunitaria grazie alla quale è possibile riscoprire anche la bellezza e la necessità della tradizione e della dottrina. Non c’è dunque contrapposizione: se un carisma è autentico, ovvero generato dallo Spirito Santo, porta frutti a tutta la Chiesa. Mi pare che gli ultimi Papi l’abbiano ampiamente riconosciuto.
Quant’è difficile mantenere l’unità del movimento?
Sarebbe impossibile se dipendesse da noi, dalla nostra capacità di “fare” l’unità. Essa non può essere frutto di un equilibrio o di un compromesso. L’unità è all’origine, viene prima di ogni visione personale. A unirci è il fatto di Cristo. Quando si riconosce questo, allora è possibile un cammino insieme. E, come ha ricordato Papa Francesco nel suo messaggio al Meeting, è Cristo stesso ad aver scelto questo metodo: ha affidato la sua missione all’unità tra i discepoli, ha scommesso tutto sull’amicizia tra coloro che Lo hanno riconosciuto, rendendola appunto “inesauribile”. Tocca a noi ora “scommetterci” ogni istante, costruendo un popolo, come ha detto Mons. Baturi oggi parlando del titolo del Meeting, capace di andare incontro a tutti. Riconoscere insieme Cristo presente nella vita rende davvero possibile l’impossibile…
Ad esempio?
Il 15 ottobre eravamo in 70mila in piazza san Pietro: il movimento usciva da un periodo di sofferenza e pochi avrebbero scommesso su una simile partecipazione. Invece, la consapevolezza della nostra origine ci ha portato a rispondere tutti, ognuno con la propria libertà in gioco, alla chiamata del Papa. Abbiamo così reso testimonianza che ciò che in fondo ci interessa è stare attaccati a Cristo, significato della vita e della realtà, dentro il cammino della Chiesa.
Cosa sarà di Cl?
Stiamo facendo dei passi importanti, in termini di consapevolezza. Dopo la grande fioritura dei movimenti, che ha avuto il suo culmine nel famoso raduno con Giovanni Paolo II del 1998 alla presenza dei principali fondatori, i movimenti ecclesiali, non solo CL, stanno affrontando in questi ultimi anni sfide paragonabili a quelle affrontate dagli ordini religiosi secoli fa. È in corso, e ci impegna tutti, il tentativo di dare una forma stabile alla nostra esperienza e di riconoscere quali sono i fattori essenziali del carisma che resteranno e daranno frutti. Penso che i passi che stiamo facendo in questo momento ci stanno aiutando a rinnovare la coscienza di questo compito. Che non è solo proiettato nel futuro, ci è chiesto di rispondere alle domande dell’uomo contemporaneo: come Cristo oggi risponde alle domande del nostro cuore?