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l turno di lavoro appena concluso come fisioterapista nella casa di cura Villa Sandra in zona Portuense a Roma, dove aveva raggiunto da poco la tranquillità di un lavoro stabile. La telefonata al figlio di 9 anni che l’attendeva: «Amore, adesso mamma viene a prenderti» a casa dei nonni. Un pezzo di strada percorso con una collega tra le chiacchiere per raggiungere la macchina. Una smart che si accosta, in cui Manuela Petrangeli riconosce l’ex compagno Gianluca Molinaro.
Poi un colpo partito da un fucile a canne mozze che la colpisce inizialmente ad un braccio. Manuela prova a scappare e a trovare riparo dietro un’auto. L’uomo, l’ex compagno di 53 anni da cui si era separata 3 anni fa che si è costituito poco dopo il delitto, «ha mirato al petto e non c’è stato più nulla da fare». Il racconto di Maria Cristina, la collega di Manuela, è ancora incredulo: «Mai avremmo immaginato una cosa del genere, perché mai ci aveva raccontato di liti o situazioni difficili». Anche perché, queste le prime ricostruzioni, Manuela non aveva mai denunciato i dissidi avuti con l’ex compagno per tutelare il figlio. Molinaro ora è in stato di fermo che, dai primi accertamenti degli investigatori, avrebbe precedenti per stalking.
Al posto di Manuela ieri poteva esserci Debora, la prima ex di Gianluca che con lui ha avuto una figlia. A raccontare il rapporto difficile con entrambe è proprio la donna. «L'ho convinto io ad andare dai Carabinieri, lui voleva ammazzarsi. Ma ora non so che fare, mia figlia non sa niente, con lui aveva rapporti non buoni, ma un conto è un padre che non paga gli alimenti, un altro un padre assassino».
Lo sgomento per il delitto non è solo di chi conosceva Manuela, ma anche delle istituzioni. Il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, «stringendosi al dolore della sua famiglia e abbracciando con amore il figlio», ricorda come quello di Manuela è «l’ennesimo intollerabile femminicidio che avviene nel nostro Paese, al quale le istituzioni devono reagire in maniera compatta». Gli episodi di violenza nei confronti delle donne, infatti, aggiunge, «non sono solo gesti isolati compiuti da folli, ma atti barbari figli di un fenomeno culturale da combattere senza quartiere con educazione e cultura».
Un appello che si aggiunge alle parole della presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio e su ogni altra forma di violenza di genere, Martina Semenzato, deputata di Coraggio Italia e del gruppo parlamentare di Noi Moderati. «Sui femminicidi e sulla violenza di genere non dobbiamo abbassare la guardia - insiste - Ancora casi che ci lasciano sgomenti e senza parole. Gesti orribili e gravissimi»
Soltanto due giorni a Treviso è stata uccisa un’altra donna, mentre era in giro in bici. È un fascicolo d’indagine ancora contro ignoti, quello aperto dalla Procura trevigiana per l'omicidio di Vincenza Saracino, la 50enne di Preganziol (Treviso) trovata morta nel tardo pomeriggio di mercoledì all'interno di una fabbrica dismessa da molti anni, poco lontano dalla sua abitazione. Dai primi accertamenti - ma per la certezza si aspetta l’autopsia disposta dalla Procura - la donna sarebbe morta per un profondo taglio al collo e non avrebbe avuto neppure tempo di reagire. Il marito è stato interrogato per due volte per capire gli ultimi movimenti della donna in paese e per chiarire alcuni suoi comportamenti, visto che già dopo circa mezz’ora dall’uscita di casa della consorte era uscito per chiedere informazioni in giro. Ma finora avrebbe fornito spiegazioni convincenti del suo comportamento e al momento non risulta indiziato.