Migranti in Tunisia - Ansa
Accade da otto mesi, e non c’è alcun segnale in vista che lasci presagire un cambio di rotta. In Tunisia dallo scorso giugno l’accesso all’asilo rimane sospeso per i nuovi richiedenti. Cioè, niente possibilità di chiedere protezione, niente registrazioni e niente rilascio di nuove carte per chi si presenta agli uffici dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) di Tunisi.
Nel Paese del Memorandum del luglio 2023 firmato con l'Unione Europea e fortemente voluto dal governo italiano, oggi considerato «un paradigma di riferimento anche per il Continente europeo nel suo complesso» come ha dichiarato con orgoglio la premier Giorgia Meloni qualche mese fa a Tunisi, persino le agenzie dell’Onu hanno le mani legate e non sono più nelle condizioni di svolgere il loro ruolo. Da alcuni cittadini stranieri presenti sul territorio abbiamo ricevuto la segnalazione dell’impossibilità di presentare domanda di protezione. Ne abbiamo chiesto conto all’Unhcr di Tunisi che nel Paese si occupa delle procedure per ottenerla.
«La sospensione della registrazione dei nuovi richiedenti asilo è ancora in vigore, mentre continuiamo a rinnovare le carte di coloro che sono già registrati», dichiara l’agenzia Onu in un’email. Intanto, arriva anche la conferma della prosecuzione degli arresti, delle sparizioni e delle deportazioni di migranti da parte delle autorità tunisine sui confini libico e algerino. Al proposito, il 14 ottobre scorso, una nota ufficiale delle Nazioni Unite sulla Tunisia riferiva di «esperti Onu allarmati dalle segnalazioni di violazioni dei diritti umani» durante le operazioni di ricerca e soccorso e durante i trasferimenti nelle zone di frontiera.
«Abbiamo ricevuto resoconti scioccanti – si legge nel comunicato Onu - che descrivono in dettaglio manovre pericolose durante le intercettazioni in mare; violenza fisica, tra cui percosse, minacce di uso di armi da fuoco; capovolgimento di imbarcazioni. Per coloro che vengono “salvati” dalla guardia costiera, la situazione non fa che peggiorare allo sbarco nei porti. I resoconti ricevuti includono accuse di trasferimenti forzati arbitrari ai confini con l'Algeria e la Libia, senza accesso all'assistenza umanitaria, indipendentemente dai rischi di disidratazione, malnutrizione o lesioni subite».
Da un anno aspetta di ottenere dall’Unhcr una carta di richiedente asilo Fatmata (non il suo nome vero), una ragazza della Sierra Leone intercettata in mare nel novembre del 2023 con altre 46 persone mentre tentava di raggiungere l’Italia, poi caricata su un autobus e condotta dalle autorità tunisine verso il deserto libico e lì abbandonata.
All’epoca ci aveva raccontato, con profonda vergogna, che tre poliziotti che scortavano il suo gruppo verso la frontiera l’avevano violentata. A Tunisi aveva poi chiesto protezione negli uffici Onu di Rue du Lac Biwa, senza riuscire a ottenerla. Un suo connazionale di nome Edward (ugualmente nome fittizio) fa spesso la spola tra casa e la sede locale di Unhcr: «Ci vado ogni settimana. Si occupano solo di sostituzioni di carte scadute, quelle nuove non le rilasciano. Si soffre, sapete, qui in Tunisia».
Nell’ultimo aggiornamento operativo del novembre 2024, l’Alto commissariato Onu dà conto del numero di persone che attualmente protegge: sono 15.578, tra cui 12.287 richiedenti asilo e 3.291 già con lo status accertato, per la metà provenienti dal Sudan, poi da Siria, Somalia, Costa d'Avorio, Sudan del Sud e altri Paesi. Dell’impossibilità di accedere all’asilo parla anche l'ultimo report sulla Tunisia pubblicato l’8 gennaio dall'Organizzazione mondiale contro la tortura (Omct), coalizione di 200 Ong che lottano contro detenzioni arbitrarie, esecuzioni sommarie e sparizioni forzate.
«La sospensione delle procedure di identificazione e pre-registrazione nel maggio 2024, poi della registrazione per la determinazione dello status di rifugiato nel giugno 2024 hanno delle conseguenze dirette», tra cui il fatto che «gli attori interessati (statali e della società civile internazionale e nazionale) non sono più in grado di individuare rapidamente individui ad alto rischio, come minori non accompagnati, donne incinte, vittime di violenza o malati, ed effettuare un follow-up di qualità dei casi in tempi ragionevoli. Senza registrazione, queste persone non ricevono l’assistenza necessaria in modo tempestivo, peggiorando la loro situazione di vulnerabilità».
L’impossibilità di presentare domanda di asilo costituisce una violazione delle convenzioni internazionali di cui la Tunisia è parte, quella sui rifugiati del 1951 e quella dell’Unione africana del 1969. «Tunisi avrebbe la responsabilità primaria di garantire la protezione e il rispetto dei diritti delle persone che risiedono o transitano nel suo territorio. Ma – prosegue l’Omct - non adempie a questi obblighi. Negli ultimi anni, il vuoto è stato colmato dalle organizzazioni della società civile e dalle agenzie Onu. Tuttavia, il margine di manovra di questi attori non statali è ora estremamente limitato dalle misure restrittive imposte dallo Stato tunisino».