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«Lo scorso anno, ci prendevamo cura di 36 bambini. Ma ora, vista l’imminente chiusura, i loro genitori hanno dovuto cercare un altro asilo a cui poterli iscrivere. E per chi vive nel centro storico, non è detto che sia una ricerca semplice... ». Ad ascoltare il racconto di Federica Licciardi, educatrice della Comunità di Sant’Egidio, la si potrebbe chiamare “cronaca di una chiusura annunciata”. A serrare i battenti, da settembre, sarà l’asilo “I colori della pace”, presenza amica per centinaia di famiglie, in via dei Fienaroli, nel cuore del rione di Trastevere. Un nido diventato un piccolo-grande modello di integrazione, in tutto il quartiere, per i bambini italiani e stranieri, a volte figli di genitori «giunti coi corridoi umanitari».
Con le sue stanze dipinte a tinte vivaci e con la sua sana mescola di culture e di allegria, l’asilo aveva rappresentato - ricorda la Comunità in una nota - «sin dall’apertura, un simbolo dell’integrazione possibile in una città, come Roma, in cui imparare a convivere sin da piccoli rappresenta un valore aggiunto». Tanto che era stato più volte visitato da delegazioni istituzionali italiane ed estere, compresa quella dell’Onu, guidata all’epoca dal segretario generale Ban Ki-Moon.
Ma perché, se funzionava così bene, ora dovrà chiudere? A determinare la decisione - fa sapere Sant’Egidio, che gestisce la struttura (nata nel 2007 come centro multiculturale per il sostegno alla genitorialità da zero a sei anni e poi trasformatasi in asilo dal 2020) - è stata la «mancanza di una convenzione con l'amministrazione comunale». A prezzo di «grandi sacrifici» - raccontano in via dei Fienaroli, dove Federica è impegnata come coordinatrice e “maestra” -, l’asilo era riuscito a «sopravvivere anche durante la pandemia, mantenendo i posti di lavoro, con quote di iscrizione contenute che consentivano la frequenza di un buon numero di minori provenienti da famiglie meno abbienti». Questo fino al 2024. Poi cos’è cambiato? «L'assessorato alla Scuola di Roma, da cui dipende la gestione degli asili cittadini, a tutt'oggi non ha favorito l'apertura di un bando per le nuove convenzioni - argomenta la Comunità - e neanche accordato un “contributo ponte” per permettere alla struttura di continuare a funzionare». Pertanto, «siamo costretti a sospendere l'attività per perdite economiche non più sostenibili». Un finale che rappresenta «uno scoraggiante primato per un’amministrazione comunale che afferma di voler promuovere una sempre più valida offerta di asili nido a madri e padri della nostra città».
Dal Campidoglio, non appena la notizia rimbalza nelle agenzie di stampa, replica l’assessora alla Scuola di Roma Capitale, Claudia Pratelli, spiegando di aver appreso «con dispiacere» della chiusura e precisando che si tratta di «un nido privato autorizzato non convenzionato col Comune» e che le «interlocuzioni avvenute in passato tra l'Assessorato e i gestori del nido hanno riguardato - su loro richiesta - vincoli e questioni normative relative alla possibilità di sperimentare la trasformazione del nido in un Polo per l'infanzia 0-6». Rispetto a quell’interlocuzione «c'è stata la massima collaborazione», rivendica Pratelli, ribadendola adesso, insieme alla «totale disponibilità all'ascolto». Soprattutto, informa l’assessora, il Comune «sta per approvare, dopo molti anni di stop, una delibera che riapre alla possibilità di un bando per nuovi convenzionamenti». Una mano tesa in extremis? Forse. Ma quando lo sconcertante epilogo della vicenda parrebbe già scritto: «Da oltre due anni - chiosano amaramente da Sant’Egidio - avevamo chiesto all’assessorato che il Comune attivasse bandi, ma non siamo stati ascoltati. Prendiamo atto di questa disponibilità, ma ora è troppo tardi per impedire la chiusura... ».
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