venerdì 20 marzo 2020
Nel comune alle porte di Milano, già provato da due epidemie di legionella, le vittime sono 17 su 26mila abitanti. Vietato passeggiare, andare in bici, fare sport. Ma vince la solidarietà
La piazza Giovanni Paolo II di Bresso

La piazza Giovanni Paolo II di Bresso - Francesco Riccardi

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Il capannello di una ventina di persone che si ritrovava nella piazza davanti alla chiesa dopo la Messa delle 9 non c’è più da settimane, ormai. Ma ora il centro di Bresso pare davvero quello di una cittadina fantasma: strade vuote come nemmeno a Ferragosto, parchi chiusi e deserti, piste ciclabili sgombre. Lunghe file solo ai supermercati, dove si entra uno alla volta e le coppie vengono rimandate indietro o multate. E’ l’effetto dell’ulteriore stretta decisa giovedì sera dal sindaco Simone Cairo per cercare di contenere i contagi da coronavirus. Quelli che, nella cittadina di 26mila abitanti alle porte di Milano, hanno raggiunto livelli preoccupanti con (almeno) 103 positivi e già 17 vittime.

Il sindaco di Bresso Simone Cairo

Il sindaco di Bresso Simone Cairo - Francesco Riccardi

Numeri che in realtà andrebbero riconsiderati, perché i casi di positività registrati ufficialmente sono solo quelli di persone sottoposte a tampone negli ospedali o gravemente sintomatiche, mentre manca la percezione di quante presentano sintomi lievi o nulli del virus. “Tra i miei pazienti ne ho 8 positivi, “certificati” da tampone - spiega un medico di famiglia di Bresso -. Ma sono sicuro al 99% che almeno un’altra ventina, entrati in contatto con loro e oggi in isolamento domiciliare, presentino sintomi di Covid-19 più leggeri, senza che i loro casi siano registrati”. Il che farebbe pensare a un numero di contagiati almeno tre, quattro volte superiore e a un tasso di letalità non al 17 ma più realisticamente tra il 4 e il 6%.

Le ulteriori restrizioni decise a Bresso - che anticipano quelle che probabilmente saranno stabilite dal governo nei prossimi giorni - riguardano il divieto di effettuare qualsiasi attività sportiva all’aperto, di passeggiare e stazionare nei parchi e in tutti i luoghi pubblici, di sedersi sulle panchine, di girare in bicicletta se non per raggiungere il posto di lavoro. E ancora, la limitazione a una persona per gli acquisti di farmaci e generi alimentari, l’ingresso di non più di due persone nelle aree cani e l’obbligo di portare gli animali nello spazio più vicino a casa.

Un’ordinanza, questa, anticipata giovedì sera sui social da un perentorio “Ora basta!” del sindaco stesso. “E’ stato necessario farlo - spiega Simone Cairo - perché nei giorni scorsi ancora troppe persone giravano per la città: qualche ragazzo, persone che correvano, si allenavano o passeggiavano nelle aree verdi cittadine e soprattutto, devo dire, pensionati, quelli più a rischio. Su 102 controlli stradali, poi, la polizia locale ha denunciato 18 persone perché violavano le norme stabilite dal governo”.

Bresso la piazza davanti al circolo Libertas

Bresso la piazza davanti al circolo Libertas - Francesco Riccardi

Troppa indisciplina, dunque, in un comune che prima di altri nell’area metropolitana milanese ha compreso la gravità del fenomeno e le cui autorità si sono mosse subito con rigore: prima con un appello e poi con ordinanze per chiudere bar, centri aggregativi, negozi con beni e servizi non di prima necessità, fino ai mercati rionali.

Ma nonostante tutto ciò, Bresso sta pagando un tributo di vite umane e diffusione del contagio molto più alto rispetto ad esempio ad altri comuni limitrofi - Cinisello o Sesto san Giovanni - che pure hanno una popolazione tre, quattro volte maggiore. E così proprio ciò che è accaduto in questo comune di poco più 2 chilometri quadrati può aiutare a comprendere meglio la genesi del contagio e il suo diffondersi rapido, può offrire elementi per una stima più reale dei casi positivi e della loro evoluzione.

Il parco Rivolta a Bresso

Il parco Rivolta a Bresso - Francesco Riccardi

Sul tema della salute, Bresso ha sviluppato un’attenzione particolare dopo due epidemie di legionella, l’ultima delle quali nel 2018 ha provocato 5 morti. Così, quando a febbraio sono arrivate le notizie del diffondersi del Covid-19 in Cina, comune e medici di famiglia hanno cominciato a confrontarsi. “Almeno da metà febbraio avevo notato alcuni casi di febbre e polmoniti anomale - racconta la dottoressa Carmela Apicella -. Quando poi abbiamo avuto la certezza del primo contagio da coronavirus, abbiamo riconsiderato alcuni casi, tracciando movimenti e stato di salute dei malati”. Il “paziente zero” di Bresso viene così individuato in un uomo del limitrofo quartiere Niguarda di Milano, che però è solito venire a Bresso a giocare a carte nello “storico” circolo Libertas. Ed è questo l’elemento che più di altri spiega la forte diffusione del virus nel piccolo comune. Il circolo è infatti frequentato prevalentemente da anziani - i più esposti alla malattia - ma in particolare da persone che nonostante gli anni hanno una vita sociale ancora intensa e attiva. Anche nel volontariato. Tanto che i casi successivi si sono registrati nel centro sociale anziani, animato fra gli altri anche da alcuni frequentatori del “Libertas”, poi ancora in una cooperativa e via via nel resto della città.

Paradossalmente, così, Bresso “paga” non tanto il fatto di essere densamente abitata, ma quello di contare un numero di anziani relativamente alto e soprattutto di possedere un tessuto sociale vivo. A dispetto della fama di satellite-dormitorio della metropoli, infatti, la cittadina conserva ancora i tratti costitutivi del paese che fino al 1950 contava appena 5mila abitanti e che negli anni ‘60 e ‘70 del Novecento ha più che quintuplicato la sua popolazione creando, all’inizio non senza difficoltà, un amalgama particolare dalle tante diversità. L’impegno nel volontariato, l’animazione di 5 centri culturali, le decine di associazioni e l’impegno delle tre parrocchie sono una ricchezza che anche oggi si rivela preziosa.

Pista ciclabile a Bresso

Pista ciclabile a Bresso - Francesco Riccardi

La risposta più importante al dramma del coronavirus, oltre all'azione decisa del sindaco, è stata infatti l’iniziativa concordata tra il comune, le parrocchie e le organizzazioni di volontariato di rilanciare il fondo “Adotta una famiglia” allargandone l’azione non solo ai nuclei più poveri, ma anche a quanti, malati o in isolamento, necessitano di un sostegno.

“La risposta è stata immediata: in 5 giorni sono arrivati 15mila euro - testimonia il parroco don Angelo Zorloni -. Così ora i giovani dell’oratorio, in sicurezza e coordinati dal diacono permanente, provvedono a fare i pacchi con generi alimentari e prodotti per l’igiene, mentre i volontari di Croce Rossa e Protezione civile si occupano di consegnarli a coloro che non possono fare acquisti”.

Il centro famiglia, da parte sua, ha aperto una linea telefonica per fornire sostegno psicologico a chi è in difficoltà. Perché se oggi ancora troppi “anziani” passeggiano per la città, incuranti di rischi e divieti, è perché il tarlo della solitudine continua a far paura più del coronavirus.

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