Il boom delle iniezioni di botulino e acido ialuronico, anche negli studi improvvisati. Dove il consenso dei genitori non viene chiesto (e i rischi sono tanti) - .
Riga in mezzo e capelli lunghi e lisci, portati davanti alle spalle; sopracciglia inarcate e folte; zigomi squadrati e labbra carnose; occhi da gatto. E poi giù, verso un seno prosperoso, sopra una vita sottilissima (con l’ombelico rigorosamente in mostra). Basta un rapido viaggio attraverso i social network, Instagram e Tik Tok su tutti, per inquadrare lo standard estetico femminile del momento: un modello talmente ciclostilato da rendere le ormai celebri influencer un mazzo di fotocopie. Ma c’è di più, perché democratici come sono, i social si sono inventati anche i cosiddetti “filtri”, effetti speciali capaci di modificare le proprie fotografie e persino l’immagine in presa diretta nei video per rendere i lineamenti il più possibile simile a quelli del prototipo: ci si inquadra ed ecco comparire ciglia allungate, abbronzature caraibiche e correttori dell’acne, che impazzano tra chi quell’aspetto non riesce proprio ad averlo, soprattutto bambine e adolescenti, risucchiate troppo presto dall’ansia di entrare a pieno titolo nella società dell’immagine. E crescere, perfette, prima del dovuto.
È sempre successo, si dirà, anche prima dell’avvento di Internet e degli smartphone: si imitavano le dive, si tentava di sembrare più grandi. Quello che non succedeva, però, è che sempre più ragazzine di filtri e trucchi non s’accontentassero più e iniziasse – già a 15 o 16 anni – la corsa al “ritocchino”. Numeri ufficiali in Italia non ce ne sono, anche perché il capitolo chirurgia plastica e medicina estetica nel nostro Paese (come negli altri a dire il vero) è piuttosto complesso: la maggior parte dei professionisti lavora privatamente, senza sentire il bisogno di alimentare survey e database dell’International society of aesthetic plastic surgery (Isaps), che – tanto per intendersi – conta su 116 Paesi aderenti ma appena mille chirurghi che forniscono dati sulla propria attività. Da cui si estrapolano, dunque, tendenze solo parziali.
«Quello che sappiamo con certezza però – spiega Francesco Stagno d’Alcontres, presidente di Sicpre, l’unica società italiana riconosciuta dal ministero della Salute e che rappresenta l’80% dei chirurghi plastici del nostro Paese – è che il fenomeno è in deciso aumento». Interventi su del 19,3% nel corso del 2021 (e del 33% negli ultimi 4 anni, nonostante Covid e inflazione), quasi 700mila quelli effettuati in Italia (che è al nono posto nella classifica mondiale, in Europa seconda solo alla Germania), «di cui 284mila chirurgici e ben 385mila “non invasivi”».
Che significa soprattutto iniezioni: di botulino e acido ialuronico, sostanze usate in passato per cristallizzare la giovinezza nei tratti del viso delle donne più avanti con gli anni e ora entrate ufficialmente invece nella top ten delle ragazzine. «È sempre più facile – continua Stagno d’Alcontres – veder entrare nei nostri studi quindicenni o sedicenni che non hanno alcun bisogno di interventi estetici e che considerano la chirurgia come una manuale dei sogni da red carpet. Di più, quello che osserviamo ancora più spesso è la totale mancanza di misura nelle richieste avanzate: vogliono, cioè, interventi sproporzionati rispetto alle esigenze che esprimono, seni esagerati, labbra sformate».
E il fenomeno non coinvolge, tra l’altro, solo le ragazze: «Il numero di maschi interessati alla chirurgia plastica sta aumentando vistosamente, con il ricorso in particolare a blefaroplastiche (interventi nella zone perioculare e sulle palpebre, ndr) e ad addominoplastiche». La risposta di un chirurgo serio, naturalmente, è (o dovrebbe essere) il no. Non solo perché i minorenni, nel nostro Paese, non possono procedere ad alcune intervento di chirurgia plastica senza il consenso dei genitori (e sulla carta dovrebbero vedersi preclusa in ogni caso la mastoplastica mammaria), «ma soprattutto perché la chirurgia estetica è una cosa seria, una scienza che si presta a risolvere problemi ben più gravi legati alla vita di un paziente e al suo disagio profondo, legato sì ai suoi difetti fisici ma soprattutto ai problemi psicologici che essi comportano e hanno comportato per lui» continua l’esperto. È il caso delle orecchie ad ansa (le cosiddette orecchie a sventola), dei difetti nella conformazione del naso (che in alcuni casi precludono anche una respirazione corretta), delle conseguenze di un percorso di cure oncologiche. Si dovrebbe, dunque, da parte dei genitori valutare il reale bisogno dei propri figli («e non regalare labbra nuove per il compleanno, magari ricorrendo a un finanziamento » spiega sconfortato l’esperto); da parte dei medici, invece, procedere seguendo principi deontologici più che logiche economiche.
Ma non basta ancora, perché nel mondo variegato degli interventi “non invasivi” di cui si diceva, sono entrate estetiste e non meglio specificate libere professioniste, prive di specializzazioni in materia, che acquistano acidi e composti (spesso non certificati) su Internet e si prestano a iniezioni e addirittura piccoli interventi in studi a domicilio, a prezzi più economici, senza chiedere affatto l’autorizzazione dei genitori e «con rischi altissimi per la salute » avverte Stagno d’Alcontres. Il ruolo dei social network in tutto questo? « Dirompente – osserva la psicoterapeuta Clelia Malighetti, che progetta percorsi di potenziamento dell’immagine del corpo e della percezione corporea in ambito adolescenziale e clinico ed è collaboratrice di ricerca presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano – e non tanto perché la dinamica dell’imitazione delle dive e delle modelle da copertina sia un fenomeno nuovo, tutt’altro. Quello che è drasticamente cambiato è la distanza tra le nostre ragazze e i nostri ragazzi e quei modelli, spazzata via proprio dai social.
Non è più lontano e irraggiungibile, il mio idolo: è qui, online, posta le foto del suo risveglio e del suo guardaroba, interagisce coi suoi followers, posso scrivere sulla sua bacheca. In una parola: è uno di noi, è a portata di mano». Ecco allora che la vicinanza rende anche il confronto possibile: «Prima ci si paragonava con la compagna di classe, oggi lo si fa direttamente con Chiara Ferragni» continua Malighetti. E il risultato è l’annientamento dei limiti e l’ingresso nel mondo del “tutto è possibile”, «anche sul mio corpo ». Una tendenza, per altro, accentuata proprio dalle dinamiche psicologiche tipiche dell’adolescenza «in cui ragazze e ragazzi stanno ancora cercando di capire chi sono e spesso sono incapaci di accettarsi». Torna prepotente allora la necessità di un’educazione digitale, che secondo Malighetti «manca a tutti e ad ogni livello, non demonizzando i social e togliendo agli adolescenti la possibilità di giocare coi filtri o seguire i propri idoli online, ma spiegando loro cosa significa crescere nella realtà, dentro al proprio corpo, utilizzando la rete come uno strumento utile e positivo».