lunedì 23 settembre 2024
Non è solo un atto dovuto per le indagini ma un gesto di antica ed eterna pietà
I carabinieri a Traversetolo (Parma)

I carabinieri a Traversetolo (Parma) - ANSA

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Non saranno più solo «i due feti seppelliti nel giardino della villetta degli orrori», come li hanno descritti le cronache. Uno è morto nella primavera del 2023, l’altro nell’estate del 2024; entrambi sono finiti sottoterra senza che nessuno li riconoscesse come figli, come persone, senza che nessuno abbia dato loro una identità. La cronaca nera, fin troppo invadente, ha squadernato tutto su Chiara, anche più di quello che è necessario sapere in virtù del diritto ad essere informati. La studentessa 21enne, baby sitter di fiducia per le famiglie di Traversetolo, da venerdì scorso agli arresti domiciliari, ha ammesso di aver partorito ma per il resto chi indaga dovrà scavare nel profondo della sua mente, nella sequenza delle sue azioni, nelle eventuali disattenzioni o complicità che avrebbero impedito ad alcuno di accorgersi dell’esistenza di quelle due creature, prima e dopo la nascita.


Ma i bambini? Avevano un padre, quattro nonni, avevano degli zii, seppure, come risulta finora, del tutto ignari. In Italia ogni neonato ha il diritto a essere iscritto all'anagrafe entro dieci giorni dal parto, con un nome e un cognome, e ai genitori corrisponde il dovere di denunciarne la nascita. E ciò vale anche nel caso in cui il neonato muoia dopo poche ore o subito dopo aver visto la luce. Per i figli di Chiara – sì sono figli anche loro, non solo genericamente “bambini” o “feti”: figli – sarà la Procura di Parma a richiedere l’iscrizione all’anagrafe comunale, con un nome e un cognome. Atto di nascita e di morte, insieme. Non è solo un atto dovuto per le indagini ma una restituzione di dignità. Un gesto di antica ed eterna pietà. Nell’Antico Testamento è il nome che “fa” la persona: senza nome, non si esiste. Ora anche i due “corpicini” i “resti umani” di Traversetolo potranno essere chiamati per nome. E dovranno essere considerati persone da tutti.
Non c’è restituzione possibile invece per l’amore di cui sono stati privati fin dal concepimento. Il solo amore possibile per loro, oggi, è - ancora una volta - nella scelta del nome, che non sappiamo ancora a chi spetterà. E poi nella celebrazione di un funerale che dia un senso al loro brevissimo e accidentato viaggio terreno. Infine, nell’accompagnamento a una sepoltura giusta, degna, che li restituisca all’eterno. Saranno gli unici “riconoscimenti” per i figli di Chiara e per tutti i nascituri – o i neonati, come in questo caso – rimossi dalla coscienza collettiva, vittime collaterali dei drammi degli adulti. Occorre che tutti restituiamo loro una dignità. Il nome, il funerale e la sepoltura sono un modo per farlo.
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