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Il giro di vite, seppur con la correzione in extremis che ha rimesso la norma nella cornice di rispetto dei trattati internazionali, c’è stato. Il cosiddetto decreto Cutro infatti, nella versione approvata ieri dal Senato e destinata ora al vaglio della Camera, pur mantenendo i permessi di soggiorno per protezione speciale, li limita a poche fattispecie, eliminando inoltre la possibilità di convertirli in permessi di soggiorno per ragioni lavorative, (finora concessa nei casi in cui il beneficiario straniero riusciva a trovare un impiego). Ma vediamo nel dettaglio cosa cambierà, se il decreto verrà convertito in legge prima del 10 maggio.
Via la clausola Lamorgese. Il decreto legge approvato dal Cdm a Cutro il 9 marzo ha modificato l’articolo 19 della legge quadro sull’immigrazione, eliminando il divieto di espulsione o allontanamento «di una persona verso uno Stato, qualora esistano fondati motivi di ritenere che l’allontanamento comporti una violazione del diritto al rispetto della sua vita privata e familiare», a meno che non sia messa a rischio la «sicurezza nazionale, l’ordine e sicurezza pubblica o la protezione della salute». Finora, per valutare quel rischio, secondo quanto disciplinato dal decreto Lamorgese (che aveva recepito la più recente giurisprudenza italiana e della Cedu), si doveva tenere conto di vari elementi («La natura e l’effettività dei vincoli familiari dell'interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d’origine»), ma il nuovo dl abroga quei parametri.
Il rispetto dei trattati. Invece, la correzione di mercoledì sera ha ripristinato l'obbligo - nei respingimenti e nelle espulsioni - di rispettare i trattati internazionali.
Meno tutele sanitarie. Un’altra restrizione, sempre nell’articolo 19, riguarda il divieto di espulsione di persone in «gravi condizioni psicofisiche o derivanti da gravi patologie». Abrogando la formula «gravi condizioni psicofisiche», sono rimaste solo le patologie di particolare gravità, ma solo se «non adeguatamente curabili nel Paese di origine».
No a permesso di lavoro. Si elimina la possibilità di trasformazione il permesso speciale in uno per lavoro.
Calamità «eccezionale». Resta il permesso in caso di «calamità che non consente il rientro e la permanenza in condizioni di sicurezza» nel proprio Paese, ma l’evento (che prima era definito «grave») ora dovrà essere «contingente ed eccezionale». Il permesso di 6 mesi potrà essere rinnovato una sola volta.
Norma transitoria. Cosa accadrà alle migliaia di migranti che hanno presentato domanda prima del varo del decreto? Una norma transitoria consente l’applicazione della «disciplina previgente» a quelle istanze.