Ansa
Uno «Ius soli mascherato». Al netto delle minacce d’incrinare la maggioranza di governo, delle congetture indimostrabili («la sinistra si sta procurando un milione di nuovi elettori») e della propaganda di bandiera (a volte condotta con argomentazioni tipo: «E le baby gang come quelle del Garda? Diamo subito la cittadinanza a tutti?»), è questa una delle obiezioni principali delle due forze di centrodestra, la Lega governista e i Fratelli d’Italia oppositori, all’approvazione del testo sullo Ius scholae, mentre Forza Italia ha assunto una posizione comunque critica, ma più dialogante.
Rampelli (FdI): pochi 5 anni di scuola, manca consapevolezza
In cosa si sostanzi l’obiezione, ha provato a spiegarlo a Repubblica uno dei colonnelli meloniani, il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli, ritenendo il ciclo di studi quinquennale troppo breve e ipotizzando invece «un ciclo scolastico completo in presenza di 8 anni, una richiesta fatta a 18 anni, nell’età della consapevolezza, e un esame nel quale la cittadinanza sia voluta e meritata e non regalata». Ancora, per Fdi «l’estensione della cittadinanza ai genitori non si può sentire», perché sarebbe come «distribuire certificati come fossero figurine Panini» (sic!) e non la coerente conseguenza dell’applicazione di un principio.
Rampelli (FdI): "Costretti a diventare italiani"
In più, negli argomenti a contrario, il partito di Giorgia Meloni include un paradossale rovesciamento della realtà, almeno a leggere l’onorevole Rampelli, convinto che i bambini nati in Italia da genitori stranieri «non possono essere costretti a diventare italiani» e che qualsiasi automatismo sia «un’imposizione», roba da «razzismo biologico». Quale facoltà avremmo, si chiede Rampelli, «di impedire a un bambino tunisino o somalo di sentirsi legato alle proprie origini, imponendogli l’identità italiana quasi a sentirsi “superiori”». Tesi singolare, visto che il testo all’esame della Camera non prevede automatismi né imposizioni, e per ottenere la cittadinanza italiana occorre una esplicita dichiarazione di volontà.
Ma gli italiani (anche di destra) sono usciti dalla ridotta ideologica
Infine, ma non da ultimo, sulla questione c’è la seria possibilità che il Carroccio e Fdi finiscano per cadere preda della sindrome del soldato giapponese rimasto a difendere un isolotto a conflitto mondiale concluso, trincerandosi, proprio loro così attenti a sondaggi e reti social, in una ridotta ideologica da cui invece moltissimi italiani sono già usciti. Secondo un sondaggio di Youtrend il 59% degli intervistati è d’accordo coi contenuti della riforma, ossia 6 italiani su 10. E questo nonostante le distorcenti grancasse contrarie.
Il 48% di chi vota Lega, e il 35% degli elettori di FdI, è favorevole alla norma
Dato piuttosto interessante: alla nuova norma è favorevole il 48% di quanti si dichiarano elettori della Lega e il 35% di quanti votano Fdi. Le istantanee dei sondaggi valgono ciò che valgono. Ma se qualche indicazione possono darla, allora c’è la seria possibilità che per Matteo Salvini quella anti Ius scholae sia una battaglia di retroguardia, poco comprensibile a metà del suo elettorato. Nel caso di Fdi, il sentiment anti-riforma pare più diffuso, ma c’è pur sempre un elettore su tre favorevole al sì. Non uno «di sinistra», un proprio elettore, un papà o una mamma i cui figli magari giocano e studiano con altri ragazzi già italiani ma non nel passaporto. Uno che stavolta non capirebbe il perché di un ostracismo a oltranza.