Lasciarsi via tweet, anzi via X. Venti righe e un annuncio privato diventa pubblico. Pubblicissimo. Pure nell'epoca dei social, non appare scontato: c'erano forse altre strade per proteggere una decisione che alla fin fine non dovrebbe riguardare nessun'altro che la cerchia ristretta dei familiari. Ma oggi funziona così: l'offesa a Giorgia Meloni da parte del compagno in versione dongiovanni ha raggiunto giovedì milioni di utenti social, e la risposta non poteva essere che globale. Si ragiona – lo facciamo anche noi in queste pagine - se dietro la diffusione da parte di una delle emittenti della famiglia Berlusconi delle esternazioni fuori onda di Andrea Giambruno ci sia un pesante sgambetto politico, un avvertimento o addirittura il prezzo di un ricatto (era stata la stessa Meloni a dire a denti stretti proprio al defunto leader di Forza Italia: “Non sono ricattabile”). Si ragiona anche su certi programmi tv che mescolano inchieste giornalistiche, impegno sociale con una satira non sempre cristallina.
Qui però interessa interrogarsi su un altro prezzo: quello pagato da tutti i protagonisti di questa triste storia.
Da Giorgia Meloni: un'altra prova di quanto sia difficile essere una donna di potere. Se sei un uomo ai vertici, ti possono attaccare per i soldi ricevuti dagli sceicchi arabi. Se sei la prima premier della storia, è possibile che ti attacchino per procura attraverso i comportamenti inaccettabili del tuo compagno. Oggettivamente, un uomo che si è dimostrato non adatto al ruolo di first gentleman, un ruolo che gli è toccato e per il quale non ha voluto fare un passo indietro, rinunciando temporaneamente al suo lavoro da giornalista e presentatore piuttosto incline alle gaffe. Sia detto per inciso, viene da chiedersi se il clima da spogliatoio maschile sia ancora accettabile, nel 2023, in un ambiente di lavoro e in generale nei rapporti umani. Si pensava (si sperava) che il sessismo, se non le vere e proprie molestie, travestito da goliardia, fosse un genere tramontato tra le scrivanie, anzi dovunque. Se alcuni uomini non lo capiscono ancora, siano le donne coinvolte a rigettare comportamenti e linguaggi offensivi.
Un altro prezzo lo pagano i figli. Accade sempre in una separazione, e ce l’ha detto di recente con una semplice pesca un memorabile spot di Esselunga, che la stessa Meloni aveva apprezzato. Se però l’addio viene annunciata a tutto il mondo su un social, il cartellino aumenta. Oggi Ginevra ha 7 anni, domani ne avrà 14 e sarà un gioco da adolescente rintracciare tutti i commenti in rete. Quelli non spariscono. Giorgia Meloni si è sempre fatta un punto d'onore di proteggere la privacy della figlia. All'inizio del suo mandato fece arrivare a tutti i giornali una diffida firmata dall'avvocata Bernardini De Pace: «Guai a voi se pubblicate le foto di Ginevra», era il perentorio avvertimento. Abbiamo apprezzato che in alcuni dei suoi viaggi all'estero la premier abbia portato con sé la figlia, per starle vicino almeno nei momenti di relax, ma evitando qualsiasi esposizione mediatica. Ma ora è proprio lei che pubblica, senza pixel, il volto della bambina (Avvenire l'ha comunque tagliata). E il prezzo aumenta ancora. Molti commenti alla vicenda hanno messo in luce il “coraggio”, la “forza” e la “limpidezza” di Meloni “come donna e come madre”. Un addio via social non sembra però un atto di coraggio ma una sconfitta, in un certo senso un’applicazione della legge del contrappasso. Alla fine Meloni, che spesso si è eretta a paladina della famiglia, ha dovuto accettare un compromesso, un occhio per occhio mediatico. Ma proteggere il proprio privato e quella della figlia è una scelta. Difficile, ma pur sempre una scelta.