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«Chiedo agli italiani di scrivere sulla scheda il mio nome, ma il mio nome di battesimo. La cosa di cui vado più fiera è che la maggior parte dei cittadini che si rivolge a me continui a chiamarmi semplicemente Giorgia...». Non colpisce l'annuncio della candidatura. Tutto era chiaro. Tutto era previsto. Tutti sapevano che a Pescara, alla tre giorni di conferenza programmatica, Meloni avrebbe detto senza giri di parole che sarebbe stata lei a guidare le liste di Fratelli d'Italia. Colpisce invece la scelta di accorciare le distanze con il "suo" popolo. Non Meloni sulla scheda. Solo Giorgia. «Sono stata derisa per anni per le mie radici popolari, mi hanno chiamata pesciarola, borgatara.. Perché poi loro sono colti, eh... Ma io sono fiera di essere una persona del popolo». La folla arrivata domenica a Pescara capisce. applaude. La sfida della premier è netta. «Se volete dirmi che ancora credete in me scrivete sulla scheda Giorgia, perchè io sono e sarò sempre una di voi. Il potere non mi cambierà, il Palazzo non mi isolerà. Io ho bisogno di sapere ancora una volta che ne vale la pena». Meloni trasforma il voto europeo del 8 e 9 giugno in un referendum su se stessa. In una sfida ad avversari e ad alleati. Le reazioni sono inevitabili. «La presidente del Consiglio si divide tra palazzo Chigi e la propaganda di TeleMeloni e ha perso il contatto con la realtà», punta il dito immediatamente la segretaria del Pd Elly Schlein. Meloni l'ha tirata in causa varie volte nel corso dei suoi 73 minuti di intervento alla kermesse di Pescara. Quasi a pregustare una sfida a due sul campo delle europee. E ora Schlein risponde. Non solo lei. Giuseppe Conte, rilancia uno degli slogan della premier, "Con Giorgia l'Italia cambia l'Europa" e commenta sarcastico: «Per una volta la premier ha ragione. Le abbiamo lasciato un'Italia che riportava a casa 209 miliardi del Pnrr per infrastrutture, investimenti, sanità. Nemmeno il tempo di arrivare a Bruxelles da premier, ha dato l'ok a un accordo con tagli da 13 miliardi l'anno che colpiranno le tasche degli italiani, i servizi, la sanità, le scuole con un'onda di austerità. Da 'patriota' a Re Mida al contrario: quel che tocca distrugge. Fermiamola!». Meloni lascia la replica al suo capogruppo alla Camera Tommaso Foti: «Il duo sciagura dell'opposizione, ovvero Schlein e Conte, sente avvicinarsi il momento di un'altra sconfitta e anziché chiedersi perché gli elettori guardano al centrodestra, attaccano Giorgia Meloni». Parla anche Matteo Renzi: «Giorgia Meloni chiede di essere votata per l'Europa ma sa perfettamente che non andrà al Parlamento Europeo. A lei non interessa contare davvero in Europa: le serve contarsi in Italia. Non è una statista, è una influencer». Però la scelta di Meloni (e di numerosi leader di partito) è sicuramente un caso eccezionale in Europa. L'Italia, schierando il suo capo di governo e 4 leader di partito (inclusa la stessa premier) come capilista alle Europee va in direzione contraria ai Paesi membri dell'Ue. O almeno a quelli più grandi e popolosi. Il trend, nei partiti del Vecchio continente, è candidare eurodeputati uscenti, new entry o, al limite, membri del governo in carica, come nel caso della Polonia. In Italia, con l'annuncio di Giorgia Meloni e quello a seguire di Carlo Calenda, sono 4 i leader di partito alla guida delle liste. La premier ha annunciato che lo farà in tutte le circoscrizioni. Calenda ha replicato che con la sua Azione farà altrettanto, assieme ad Elena Bonetti. Il vice premier e leader di FI, Antonio Tajani, sarà capolista in 4 circoscrizioni, tutte ad eccezione delle Isole. La segretaria del Pd, Elly Schlein, guiderà le liste democratiche al Sud e nelle Isole. In Europa, in pochi hanno adottato questa strategia. L'ultimo quesito è: scrivere Giorgia sulla scheda darà davvero la preferenza a Meloni? Sarà valido il voto espresso con il solo nome di battesimo? Il ministro Francesco Lollobrigida spiega: «C'é la possibilità, nelle elezioni di ogni tipo, di dare all'elettore la scelta se mettere il nome del candidato per esteso oppure semplificarlo, quando è chiarito in fase di presentazione di candidatura come è sostituibile il nome. Accade in tutte le elezioni, quindi sulla scheda sarà scritto "Giorgia Meloni detta Giorgia". È una possibilità che la norma dà proprio per semplificare il concetto».