giovedì 3 ottobre 2024
Il Tesoro vuole un contributo dai big dell’economia. La Borsa di Milano cede l’1,5% e il governo corre ai ripari spiegando che non ci saranno nuove tasse
Il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti

Il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti - ANSA

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Stavolta il prudente Giorgetti ha trascurato la sensibilità dei mercati al capitolo “tasse a chi ha i soldi” e ha dovuto passare la giornata a spegnere l’incendio causato da parole che, magari, l’opinione pubblica non finanziaria aspetta siano davvero realizzate. La manovra richiederà «sacrifici da tutti», dice il ministro del Tesoro all’agenzia economica Bloomberg. Ma la sola idea di chiedere un contributo alle imprese dei settori in cui sono maturati buoni o ottimi profitti fa scivolare la Borsa di Milano, che chiude a -1,5%, la peggiore in Europa. D’altra parte anche Parigi ha pagato il suo 1,32% sull’annuncio di «imposta eccezionale» sulle imprese e sui contribuenti più ricchi ipotizzata dal governo di Michel Barnier.

Spinto anche da Palazzo Chigi, che non avrebbe nascosto sorpresa e preoccupazione per queste esternazioni a mercati aperti, Giorgetti prova a chiarire subito che per l’imminente manovra «non ci sarà la replica della discussione sugli extraprofitti delle banche» che ci fu nell’autunno 2023, e che portò la maggioranza in stato di alta tensione. Poi però si fa chiaro: l’idea di un contributo volontario non sta in piedi perché «le aziende non fanno beneficienza», e dunque «la stella polare» resta l’articolo 53 della Costituzione secondo cui, ricorda il m inistro, «tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva». Parole che fanno immaginare una tassa ad hoc, di scopo, temporanea, ma pur sempre una tassa. Che riguarderebbe banche, energie, assicurazioni, i comparti in cui la crisi non ha fatto danni, anzi. Spunta anche la difesa, ne parla proprio il ministro dell’Economia: «Paradossalmente uno potrebbe dire che con tutte queste guerre chi produce armi sta andando particolarmente bene e anche in questo caso c’è una situazione di mercato favorevole».

Messo in bottiglia il messaggio di Giorgetti, si scatena il mezzo caos sui mercati e si alza la preoccupazione politica. «Niente nuove tasse», dice più e più volte il Mef lungo la giornata per incanalare in una direzione diversa le parole di Giorgetti. Ma dentro la maggioranza, dove è ben chiaro che il Tesoro sta cercando risorse ovunque, c’è chi avverte la necessità di mettere le mani avanti. Il portavoce di FI Raffaele Nevi è netto: «Forza Italia è sempre stata e rimane contraria ad innalzare la tassazione in Italia». Anche il sottosegretario all’Economia Federico Freni cerca di riportare il discorso nei margini della cautela: le tasse «non fanno parte del Dna di questo governo», avverte.

Resta il problema posto dal Tesoro. Se «tutti» contribuiscono (e Giorgetti considera un contributo anche l’accesso delle aziende più piccole al concordato preventivo), bisogna che lo facciano anche i big dell’economia. E siccome il governo sta rispondendo al dovere della responsabilità economica, allora per finanziare la manovra, insiste, bisognerà reperire risorse da «tutto il sistema Paese», cioè «i privati, le aziende e soprattutto la Pa che sarà chiamata ad essere più performante e produttiva».

Certo la reazione dei mercati desta preoccupazione in vista dei giorni in cui sarà concretamente varata la manovra. Allo stesso tempo, altri tipi di interventi “in entrata” possono scatenare categorie già da tempo in agitazione. Come gli autotrasportatori, che si sono letteralmente sollevati rispetto all’ipotesi di un aumento delle accise sul diesel. Ipotesi «del tutto fuorviante», si affrettano a smentire fonti di governo. Poi la spiegazione tecnica che in realtà rassicura meno: il governo, in linea con il Pnrr e le raccomandazioni Ue - spiega una nota del ministero dell’Economia - deve adottare misure per ridurre i sussidi ambientali dannosi e «in questo contesto rientrano anche le minori accise che gravano sul gasolio rispetto a quelle sulla benzina». Ciò che si ha in mente, prosegue il Tesoro, è una «rimodulazione» tra benzina a diesel. A dire il vero, anche il Piano strutturale di bilancio, ieri arrivato alle Camere, a pagina 116 parla di «allineamento delle aliquote delle accise per diesel e benzina».

Oltre alla preoccupazione dei trasportatori e delle associazioni dei consumatori, la faccenda scatena anche la bufera (e l’ironia) politica. Troppo freschi nella memoria i (tanti) video di Meloni (e Salvini) che promettono tagli drastici delle accise. Era il tempo dell’opposizione. Al governo, con una manovra da finanziare senza fare deficit, si perlustra ogni strada. In fondo è il vero messaggio politico lanciato da Giorgetti ieri al suo stesso governo. Ma la risposta arrivata da Palazzo Chigi non lo rassicura.

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