Un momento di tensione durante la manifestazione di ieri a Firenze
«La pazzia e la disperazione umana non hanno limiti. Ci mancherai tanto. Mi raccomando... vendi tutto anche lassù». Un cartello circondato di fiori è stato affisso sulla spalletta del ponte Vespucci in ricordo di Idy Diene, il venditore ambulante senegalese di 54 anni che lunedì scorso è stato ucciso proprio qui, in riva all’Arno, a pochi passi dal centro di Firenze.
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Ieri, il giorno dopo l’assurdo omicidio, la commozione di una città intera si è mescolata alla disperazione e alla rabbia della comunità senegalese, che nel pomeriggio ha inscenato una protesta sul luogo dell’assassinio per ricordare la vittima e per chiedere giustizia, ricordando anche la strage di senegalesi che avvenne a Firenze il 13 dicembre 2011. Il presidio, al quale hanno partecipato centinaia di persone, ha vissuto alcuni momenti di tensione all’arrivo del sindaco Dario Nardella, che è stato affrontato da un gruppo di immigrati e di esponenti dei centri sociali che hanno cominciato a insultarlo e a spingerlo. Nel corso di un breve tafferuglio il primo cittadino si è preso anche uno sputo da un giovane italiano dei centri sociali, prima di decidere di allontanarsi. «Non voglio diventare elemento di provocazione – ha detto Nardella – la città capisce la rabbia per la morte di un uomo ma non accetta la violenza».
Poi un cordone di polizia e carabinieri ha fronteggiato un gruppo di manifestanti che voleva muoversi in corteo verso il centro. Le forze dell’ordine in assetto antisommossa si sono opposte con gli scudi al tentativo di sfondamento. La calma è stata ripristinata grazie all’intervento dello storico portavoce della comunità senegalese di Firenze, Pape Diaw, che ha interloquito a lungo con l’anima più calda del sit-in e ha stigmatizzato l’accaduto, scusandosi con Nardella. Decisivo anche l’intervento dell’imam fiorentino Izzeddin Elzir, che ha invitato i manifestanti alla preghiera e alla nonviolenza.
Intanto in giornata si sono aggiunti nuovi particolari sulla dinamica dell’omicidio. Roberto Pirrone, l’ex tipografo di 65 anni fermato dagli agenti subito dopo aver sparato, ha detto nel corso dell’interrogatorio in questura che non riusciva più ad andare avanti a causa dei debiti e delle continue liti con la moglie per problemi economici. «Ho sparato al primo che ho incontrato per andare in galera», avrebbe affermato l’uomo davanti agli inquirenti.
È emerso anche che poco prima che Pirrone facesse fuoco uccidendo Idy Diene, la giovane figlia dell’uomo aveva chiamato il 113 spiegando che il padre era uscito in strada armato dopo aver lasciato un biglietto il cui contenuto faceva pensare che intendesse togliersi la vita. Il messaggio conteneva il saluto alla figlia che Pirrone, deciso a togliersi la vita, credeva di non rivedere più.
In ricordo di Idy Diene sarà organizzata una grande manifestazione nazionale contro il razzismo che dovrebbe tenersi a Firenze sabato 10 marzo.