Oggi, dopo aver pregato sulla tomba di La Pira, andrà a pranzo alla mensa del Nuovo Pignone («per tutto quello che questa fabbrica rappresenta») e poi accetterà l’invito dell’abate di San Miniato al Monte per contemplare la città dall’abbazia da cui altri sindaci prima di lui l’hanno guardata. Matteo Renzi (Pd), a 34 anni (la stessa età di Mario Fabiani, il secondo sindaco dopo la fine della seconda guerra mondiale eletto nel 1946), è il diciottesimo sindaco di Firenze dal dopoguerra e queste sono le prime cose che si era ripromesso di fare in caso di elezione. Poi ne avrà altre cento di cose da fare. Tanti sono infatti i punti del suo programma per i primi cento giorni a partire da 'Pochi, ma buoni', ovvero una giunta di sole dieci persone, con cinque uomini e cinque donne, nessuno con due mandati di assessore alle spalle. «Bisogna avere il coraggio di cambiare davvero, non solo negli slogan», dice il neosindaco, che ha puntato la campagna elettorale sul rinnovamento e sulla discontinuità rispetto alle amministrazioni passate: «Voglio riaccendere l’amore per questa città, che ha in sé tutto per essere 'perla del mondo', come diceva La Pira. Il mondo reclama Firenze, e noi dobbiamo mostrarne il volto migliore». Renzi, che si è aggiudicato il 60%, ha staccato di 20 lunghezze il rivale Giovanni Galli, l’ex portiere di Fiorentina, Milan e Nazionale di calcio, candidato del Pdl in una tornata elettorale che ha visto alle urne il 58,9 dei fiorentini aventi diritto al voto rispetto al 73,9 del primo turno. Un risultato, quello di Renzi, leggermente inferiore al predecessore Leonardo Domenici, ottenuto però senza l’appoggio della sinistra estrema e dei Verdi e senza apparentamenti per il ballottaggio nemmeno con la lista di Valdo Spini (terzo al primo turno con l’8,3%). «Non farò nessun accordicchio», aveva detto all’indomani del primo turno – gli scorsi 6-7 giugno – quando si era fermato al 47,5%. Del resto, da sempre poco incline ai compromessi, un po’ per la giovane età e un po’ per il suo passato da scout, Renzi, divenuto ad appena 29 anni presidente della Provincia di Firenze, ha preferito, ad un secondo comodo mandato in Palazzo Medici Riccardi, buttarsi nella mischia per un palazzo ben più noto, Palazzo Vecchio, trovando anche molti contrasti nel suo stesso partito. Le urne gli hanno dato regione e lui, ieri sera, ha festeggiato la vittoria nella centralissima piazza Santissima Annunziata chiamando a raccolta amici e sostenitori con un 'tam tam' di 10 mila sms in un paio d’ore. «Ma non c’è molto tempo per i festeggiamenti – ha precisato – perché da domani saremo al lavoro: c’è molto da fare per Firenze, fare il sindaco di questa città è il mestiere più bello del mondo ma anche il più faticoso. Certo sarebbe stato meglio e più comodo vincere al primo turno, ma così la vittoria è stata anche più bella. Da domani - ha ribadito - saremo al lavoro per tutti e per tutta Firenze. Ed entro metà luglio, nei tempi stabiliti dalla legge, faremo la nuova giunta». Per il Pdl l’impresa era quasi impossibile, sia per la storia della città sia per il dato di partenza del primo turno (32% contro il 47,5 di Renzi). Ma Giovanni Galli ce l’ha messa tutta e quel 40% del ballottaggio è merito più suo che del partito. Lo dimostra il successo della sua lista che ha superato il 9% diventando, di fatto, la terza forza politica della città.