Andare in Aula entro la deadline fissata dalla Consulta il 24 settembre, per evitare che l’avvento dell’eutanasia per legge avvenga nel silenzio del legislatore. Il lavoro dell’associazionismo e la rete di contatti fra parlamentari dei diversi gruppi approda alla Camera, in sala stampa. «Sarebbe sconvolgente - dice il professor Alberto Gambino, presidente di Scienza & Vita - che l’Italia, dopo essere stata accusata per il ritardo sul fine vita, per paradosso diventasse ora il Paese dell’eutanasia legalizzata, al pari di Belgio, Olanda e Lussemburgo, in pieno contrasto con la cultura del nostro sistema sanitario, tutto basato sull’idea di solidarietà».
Ci mette la faccia di nuovo, per la Lega, Giancarlo Giorgetti che era già intervenuto al forum delle associazioni in via della Pigna. Resta fortemente dubbioso, il sottosegretario alla Presidenza, che gli attuali numeri parlamentari possano consentire l’esito sperato, ma si mostra sempre più convinto che la partita vada giocata, in Aula, alla luce del sole: «In caso di insuccesso, certo, i giochi sarebbero chiusi. Ma in Parlamento bisogna andare, anche per chiedere leale collaborazione alla Consulta», autrice di un intervento che definisce «scomposto».
Si dice d’accordo con la proposta del leghista Alessandro Pagano, assunta come base di discussione, che modifica l’articolo 580 dell’aiuto al suicidio accordando massima clemenza (senza però depenalizzarli) ai casi che vedono coinvolti stretti familiari, in presenza di una prolungata sofferenza e un’irreversibilità della prognosi, per i quali si passerebbe dal massimo di 12 anni previsto a una pena dai sei mesi ai due anni. «Non si può accettare un ultimatum sulla capacità di legiferare del Parlamento. Si discuta tutti, senza vincoli di partito», auspica Giorgetti.
Ma la richiesta di rinvio alla Consulta, che il sottosegretario intravede, viene considerata una strada non percorribile da Domenico Airoma del centro Studi Livatino. Per Maurizio Gasparri, di Forza Italia, «la battaglia potrebbe anche essere persa, ma solo un intervento parlamentare può consentire di vincerla, mentre se non combattuta verrà persa di sicuro». Assicura, Gasparri, che il gruppo azzurro c’è. Per il deputato Luca Squeri «il Parlamento va messo in condizione di prendere una iniziativa». Mentre per Maurizio Lupi «anche la sola calendarizzazione da parte della conferenza dei capigruppo di una proposta di legge impedirebbe alla Consulta di procedere».
Paola Binetti, dell’Udc, si dice favorevole alla linea minimale di intervento legislativo, con «il rafforzamento delle cure palliative», e la riduzione della pena per alcuni casi specifici, restando fermo il principio del «rifiuto dell’eutanasia».
È questa la linea della mediazione, che sta facendo breccia nei diversi gruppi. Sotto traccia in tanti anche nel Pd, e nello stesso M5s, si dicono disposti a convergere sulla proposta elaborata dall’osservatorio "Veralex?" coordinato da Domenico Menorello, che si avvale del prezioso apporto variegato di tanti ex parlamentari: Luisa Santolini, Giovanni Falcone, Massimo Polledri, Eugenia Roccella, Maurizio Sacconi, Stefano De Lillo, Alfredo Mantovano, Antonio Palmieri, Riccardo Pedrizzi.
Presente, alla Camera, anche una folta rappresentanza delle associazioni facenti parte del cartello di 32 sigle per la vita che spinge sul Parlamento: Roberto Bettuolo per "L’albero", Piero Uroda per il Forum delle associazioni sociosanitarie, Emmanuele Di Leo per "Steadfast onlus", Giancarlo Infante e don Gianni Fusco per "Politicainsieme", Stefano Nitoglia di Alleanza Cattolica, Maria Pangaro per Mcl, Francesco Napolitano per l’associazione "Risveglio", Antonio Affinita del Moige. Aderiscono anche Marina Casini e Olimpia Tarzia del Movimento per la Vita. «La sfida per tutti - dice Tarzia - è quella di non sacrificare la propria visione antropologica agli interessi del partito o dell’area politica di appartenenza».
In rete il countdown - con agosto che incombe - ricorda a tutti che il tempo è poco. Per l’11 settembre le associazioni hanno fissato una giornata di riflessione sul fine vita. Con l’auspicio che per quella data l’argomento sia stato già calendarizzato per l’Aula, almeno alla Camera.