Mosca, donna fermata dalla polizia durante un sit-in - Ansa
A due settimane dall’inizio della guerra in Ucraina, ci sono donne che portano avanti una lotta quotidiana che strazia il cuore. Sono le madri russe che cercano i loro figli, temendo che siano in zone di combattimento. Tutte ignorano dove si trovino, molte hanno paura che siano morti. Non li possono chiamare sul cellulare, perché i telefoni dei militari sono stati sequestrati, non ricevono dettagli dal ministero della Difesa e come unica fonte hanno la versione ufficiale del Cremlino.
Adesso, poi, che tutti i principali social network internazionali sono stati bloccati dalla Roskomnadzor, l’authority per le Telecomunicazioni russa, rimangono per giorni nel dubbio, strette in mezzo fra chi parla di «operazione militare speciale» vittoriosa e chi scrive che la Russia non sta nemmeno raccogliendo i cadaveri dei suoi soldati. I morti fra le forze armate di Mosca sono a migliaia. Secondo l’Ucraina avrebbero addirittura raggiunto le 10mila unità. Ma in una guerra, c’è la anche la guerra dei numeri. L’unica certezza è il tormento di chi quei soldati li ha portati in grembo e messi al mondo, contrapposto, alle volte, a quelle madri russe che stanno partecipando alla propaganda di Stato in favore di questa «operazione militare speciale». La loro unica speranza si chiama «Vernis’ zivym iz Ukrainy» , ossia «Torna vivo dall’Ucraina».
Si tratta di una serie di numeri di telefono istituiti dal ministero dell’Interno ucraino, attraverso i quali si può tentare di capire che fine abbiano fatto soldati di cui non si hanno più notizie da giorni. «Riceviamo centinaia di telefonate al giorno – ha detto Anton Gerashenko, advisor del ministero dell’Interno ucraino –. Molte hanno figli che erano dislocati nelle zone vicine al confine e che di loro non sanno più letteralmente nulla».
Parlare con queste donne è impossibile, ma grazie a canali Telegram che sono nati in questi giorni, si possono ricostruire le loro storie. Aleksandra viene da Rostov sul Don e non ha notizie di suo figlio Alekseij, classe 2001, da diversi giorni. Svetlana sta cercando il figlio Viktor, classe 1994. Entrambi sono soldati a contratto, entrambi erano di stanza in Crimea, quindi su uno dei fronti più caldi. Ma ci sono anche madri i cui figli si trovavano sul territorio russo e che adesso temono siano stati impiegati nella guerra in Ucraina. Il canale Telegram, Ishi svoih, ossia «cerca il tuo», pubblica direttamente le foto di soldati caduti o feriti. Viene seguito da oltre 800mila utenti. Fra queste ci sono tante madri che cercano i propri figli. Le immagini sono particolarmente crude. La cosa migliore che può sperare chi si collega, è che suo figlio sia stato fatto prigioniero dagli ucraini. Molti corpi e volti sono letteralmente sfigurati e irriconoscibili. A volte, di fianco, viene postato anche il documento di identità, per togliere ogni dubbio su una identificazione che per una madre rischia di diventare ancora più atroce.
«Siamo partiti come progetto umanitario – spiegano i fondatori del canale ad Avvenire –. Le persone che ci contattano sono disperate. Non hanno la minima idea di dove sia il loro figlio. Molte affermano che sono militari di leva, dislocati in altre regioni della Russia e avvicinati poi al confine con l’Ucraina e che dalle autorità russe non hanno avuto alcun riscontro». Ci sono poi le accuse del Comitato delle Madri dei soldati della Russia. Sul loro sito si legge un accorato appello perché, secondo le denunce che sono arrivate nei loro uffici, nonostante ci sia il divieto di condurre al fronte militari di leva, questo viene spesso disatteso da vari gradi militari. Ma la denuncia si ferma lì. Impossibile parlare con loro. Stanno lavorando con la magistratura e il ministero della Difesa russo. Lo stesso che non dà alcuna informazione alle madri sui loro figli scomparsi.