Anche i social sono intervenuti sulla questione siriana, oscurando a tappeto le pagine solidali con la resistenza curda, e quelle che criticano Erdogan, associando le critiche al premier turco, e all'offensiva turca in Siria, al sostegno al movimento del Pkk. L’ultima pagina Facebook a cadere è stata quella di MilanoInMovimento, portale di informazione in collaborazione con l’emittente antagonista Radio Onda D’Urto.
Mercoledì mattina alle 10.30 la pagina Fb è stata oscurata, dopo un preavviso di 12 ore. «Gli articoli sono stati già censurati e cancellati dalla piattaforma. In tutto ciò ci ritroviamo completamente impossibilitati a replicare. Non siamo gli unici, decine di pagine di solidarietà al Kurdistan sono state bloccate», scrive MilanoInMovimento sul suo sito, aggiungendo: «Se dovessimo davvero chiudere, una parte di Milano smetterebbe di essere rappresentata».
La lista delle pagine oscurate da Facebook comprende anche Globalproject, che collabora con MiM e Contropiano, per citarne solo alcune, le ultime della lista. Per tutti la motivazione è la stessa, sintetizzata nella formula: «Violazioni degli standard della community». O con il messaggio: «Sembra che un’attività recente sulla tua pagina non rispetti le condizioni delle pagine Facebook».
Prima ancora, nel coprifuoco di Facebook era finita persino la pagina di Binxet - Sotto il Confine, il documentario di Luigi D’Alife (con la voce narrante di Elio Germano) che racconta la resistenza del Rojava, l’Amministrazione autonoma della Siria del Nord-Est, regione nota anche come Kurdistan siriano. In questo caso la “colpa” sarebbe stata quella di fornire tramite la pagina Fb aggiornamenti in tempo reale sulla situazione in quella regione (peraltro molto seguiti).
E non solo Facebook, anche gli altri social sono sulla stessa linea. Instagram ha censurato una foto del reporter Michele Lapini scattata durante il corteo in solidarietà con il popolo curdo a Bologna, in cui si intravede uno striscione con scritto «Erdogan assassino». Il fotografo ha provato a ottenere spiegazioni dal social, e anche qui l’algoritmo è stato inflessibile: «Viola gli standard in materia di persone e organizzazioni pericolose».