Salvatore Curreri
«L’approvazione del referendum abrogativo sull’omicidio del consenziente introdurrebbe nel nostro ordinamento una disparità di trattamento palesemente irragionevole rispetto all’aiuto al suicidio. Esemplificando: se porgessi una pistola a chi, in buona salute, vuole morire, sarei punito; se gli sparassi io, no». Il ragionamento di Salvatore Curreri, docente di Diritto costituzionale all’università di Enna "Kore", inizia da un dato di fatto che, sebbene con fatica, si sta facendo spazio nel dibattito sul referendum per l’eutanasia promosso dai Radicali.
L’irragionevolezza del "frutto" del quesito è acquisita, eppure il percorso referendario va avanti. «I sostenitori – spiega Curreri – cercano di giustificare o limitare tale esito, con argomenti però non convincenti. Per Berardo, avvocato che ha curato il quesito referendario per l’associazione Luca Coscioni, ad esempio, il concetto di incapacità andrebbe declinato in senso non solo di minorata capacità psichica ma anche come “compromissione del potere di critica e minorazione della sfera volitiva e intellettiva”. Operazione però che sarebbe affidata alla buona volontà del giudice. Per Cappato per l’omicidio del consenziente varrebbero le stesse quattro condizioni poste dalla Corte costituzionale per l’aiuto al suicidio, ma ovviamente così non è trattandosi di ipotesi diverse. Certo, potrebbero farlo i giudici ricorrendo ad un’interpretazione analogica che restringerebbe tale “libertà di uccidere” ma a parte l’opinabilità di simili operazioni in sede penale, resterebbe l’amara sensazione dell’ennesima sostituzione del potere giudiziario a quello legislativo. Per Ainis invece si tratterebbe di una difficoltà inevitabile in un ordinamento come il nostro dove vi sono 35mila fattispecie di reato. Obiezione che prova troppo: non bisogna andare così lontano per rendersi conto che l’articolo 580 del Codice penale non si coordina con l’art. 579».
Uno dei punti critici, allora, diventa l’atteggiamento che la Corte costituzionale assumerà di fronte ad un referendum abrogativo che produce una 'normativa di risulta' illogica. Può la Consulta ritenerlo inammissibile? «I sostenitori del referendum come Pugiotto – ragiona Curreri – vogliono separare giudizio di ammissibilità e giudizio di costituzionalità, perché si potrebbe sempre rimediare all’esito irragionevole del referendum tramite l’interpretazione del giudice, la modifica legislativa, il successivo ricorso alla Corte». Ha senso questa posizione? «La Corte – spiega Curreri – valuta le conseguenze del referendum quando la cosiddetta “normativa di risulta” reca un pregiudizio totale all’applicazione di un precetto costituzionale, come nel caso dell’inapplicabilità della normativa elettorale a seguito dell’esito referendario. Per il resto, facendo riferimento alla sentenza 15/2008, la Corte esclude, per giurisprudenza costante, “che in sede di controllo di ammissibilità dei referendum possano venire in rilievo profili di incostituzionalità sia della legge oggetto di referendum sia della normativa di risulta'». Il giudizio di ragionevolezza, prosegue Curreri citando ancora la Consulta, «è espresso dalla Corte 'con riferimento ad una norma attuale, frutto dell’originario bilanciamento effettuato dal legislatore, e già eventuale oggetto di interpretazione, in prima battuta, da parte dei giudici comuni'».
Secondo il costituzionalista siciliano, quindi, è difficile che la Consulta possa bocciare il testo referendario valutando anticipatamente l’incoerente e ambigua legislazione che ne verrebbe fuori. Ma ci sarebbe un altro profilo di inammissibilità da esaminare, secondo Curreri: «L’obiezione più consistente mi sembra quella di Ceccanti (costituzionalista e deputato del Pd, ndr) circa la natura sostanzialmente innovativa anziché abrogativa del referendum, per cui i proponenti giocherebbe con le parole, costruendo una fattispecie totalmente nuova, togliendole specificità e restringendola alle sole tre ipotesi per cui oggi si applica la stessa disciplina dell’omicidio. Il punto allora è se la Corte riterrà tale operazione tutto sommato interna alla ratio dell’articolo oppure ad essa esterna, e quindi, come detto innovativa». E se 'innovativa', non ammissibile.