La premier Giorgia Meloni e la segretaria del Pd Elly Schlein - Ansa
Giorgia Meloni ed Elly Schlein si parlano. E se non si parlano direttamente, fanno interloquire gli sherpa. E quando potrebbero risultare inopportuni persino rapporti mediati, fa fede la comprensione ormai strutturata di reciproci e convergenti interessi. Insomma, se non c’è un vero e proprio “patto”, parola usurata e sempre precaria in politica, le due leader hanno la piena consapevolezza di un percorso a breve termine che le accomuna.
L’evidenza si è avuta pubblicamente con la “conciliazione amichevole” sulle mozioni inerenti il Medio Oriente. Il galateo istituzionale conta poco. I più attenti osservatori hanno notato un vero e proprio accreditamento e riconoscimento reciproco sull’agenda internazionale. E la svolta è più nel mondo-Schlein che nel mondo-Meloni. Perché la segretaria dem ha dato il segnale alla sua comunità di ritenere affidabile la premier e la sua parte politica su quei dossier che richiedono unità nazionale e parlamentare, tenendo alla larga ipotesi di mediazione con la linea più radicale – e meno gradita nel partito – di Giuseppe Conte. Mediaticamente, però, la leader del Pd ha incassato l’approdo dell’esecutivo sul concetto di “cessate il fuoco”.
Se fosse questo l’unico terreno di incontro, sarebbe troppo poco per prospettare scenari più ampi. Ma i segnali, gli indizi, sono due. E il secondo è, dal punto di vista della politica interna, quasi più potente del primo. Riguarda il terzo mandato. Fratelli d’Italia, il partito della premier, si è intestata una battaglia che interessa molto, moltissimo la segretaria del Pd. Che in questa settimana, su un nodo spinoso, ha persino evitato di “sporcarsi le mani”. È stata infatti Fdi a respingere l’assedio della Lega per consentire un terzo mandato ai governatori, in funzione-Zaia nel Veneto. Il partito della premier adduce un motivo politico difficile da contestare: c’è un nuovo equilibrio nella maggioranza, la corsa alle Regioni dovrà rispecchiare il diverso peso di Fdi rispetto a Carroccio e Forza Italia. Ma l’interesse di Elly Schlein per la materia non è di minore peso. La segretaria deve schivare la mina di De Luca in Campania, evitarne la candidatura-ter perché da lì passa gran parte del messaggio di rinnovamento del Pd. Costi quel che costi. Ma il discorso del terzo mandato riguarda anche il presidente e rivale interno Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia-Romagna. Insomma, mutue convenienze.
Il fatto che l’intensificazione dei rapporti avvenga a ridosso della campagna elettorale per le Europee apre a riflessioni. Il confronto televisivo è imminente, i due team si incontrano sempre più spesso. La prospettiva che entrambe siano candidate e omni-capilista dei rispettivi partiti è realistica. E le due eurodelegazioni potrebbero trovarsi dalla stessa parte, nel Parlamento Ue, quando si dovrà dare il via libera alla nuova Commissione, probabilmente al Von der Leyen bis. E condividere un governo europeo significa anche doversi parlare, giocoforza, sui grandi nodi istituzionali ed economici dell’Unione, a partire dalla “velocità” della transizione ecologica. Aver reso pubblico, evidente il dialogo Meloni-Schlein è un messaggio anche agli alleati reali e potenziali (Lega e M5s) che cercano di scavare consenso giocando ai limiti del campo, e anche oltre.