venerdì 8 settembre 2023
Era scomparsa in Calabria nel 2016. Gratteri: ha pagato per la sua voglia di libertà
Maria Chindamo

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La morte di Maria Chindamo, imprenditrice e mamma di 42 anni, rapita e fatta sparire il 6 maggio 2016 dinanzi alla sua tenuta agricola di Limbadi, in provincia di Vibo Valentia, «ci ha impressionato, perché questa donna dopo il suicidio di suo marito, avvenuto un anno prima, ha pensato di diventare imprenditrice, di curare gli interessi della terra, di curare i figli e affrancarsi da quel “modus operandi” e quella mentalità mafiosa. Non le è stata perdonata questa sua libertà, questa sua voglia di essere indipendente, di essere donna».

Sono le durissime e molto partecipate parole del procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, nel corso della conferenza stampa sull’esito dell’operazione “Maestrale-Carthago” contro le cosche di ‘ndrangheta del Vibonese. Impegnati oltre 600 militari che hanno eseguito su tutto il territorio nazionale una misura cautelare nei confronti di 84 soggetti. Coinvolti anche politici, avvocati, dirigenti sanitari. Ma a colpire è, purtroppo, la conferma della morte drammatica di Maria Chindamo.

Una morte “straziante”, la definisce Gratteri. «È stata data in pasto ai maiali, e i resti sono stati poi macinati con un trattore cingolato. Questo vi dà il senso della rabbia che chi ha ordinato l’omicidio aveva nei confronti di questa donna, che non si poteva permettere il lusso di rifarsi una vita, gestire in modo imprenditoriale quel terreno, poter curare e far crescere i figli in modo libero uscendo dalla mentalità mafiosa».

Il primo a parlare della vicenda era stato il collaboratore di giustizia Antonio Cossidente, che in carcere aveva raccolto la narrazione di Emanuele Mancuso, il rampollo del clan Mancuso di Limbadi che dal giugno del 2018 ha deciso di collaborare. Ne scrisse anche “Avvenire” due anni fa. Ma le rivelazioni di Cossidente non erano bastate. Ora però, come ha sottolineato Gratteri, ci sono le dichiarazioni dello stesso Mancuso e di altri 16 collaboratori. Tutte coincidenti.

Così ieri è stato arrestato Salvatore Ascone detto “Pinnularu” perché unitamente a suo figlio Rocco e a un’altra persona, successivamente deceduta, «provvedeva a manomettere il sistema di videosorveglianza installato presso la sua proprietà, limitrofa a quella della Chindamo, in modo da impedire la registrazione delle immagini, fornendo così un contributo alla commissione dell’omicidio della donna».

Due le motivazioni dell’omicidio, che si sovrappongono. La famiglia del marito Ferdinando Punturiero, vicina al clan Bellocco di Rosarno, la riteneva responsabile del suicidio avvenuto dopo la separazione. Inoltre ai suoi terreni era fortemente interessata la cosca Mancuso alleata dei Bellocco. E qui si inserisce la figura di Ascone al quale i Mancuso avevano affidato il controllo criminale della località “Montalto” dove si occupava «di acquisire i proventi estorsivi delle compravendite dei terreni e di gestire con metodologie mafiose quel territorio, nonché i rapporti con i proprietari». E arriviamo al 6 maggio 2016. L’auto di Maria viene trovata abbandonata davanti al cancello chiuso della sua azienda agricola. L’auto è aperta, con il motore acceso. Unica traccia una vistosa macchia di sangue sulla fiancata sinistra dell’auto. Ma le telecamere di Ascone smettono di funzionare proprio nei minuti dell’agguato.

Ora la drammatica conferma. In attesa di identificare esecutori e mandanti. «Oggi l’aria ha il profumo della giustizia» commenta Vincenzo Chindamo. «Aver perseguito per tutti questi anni la ricerca della verità sull’uccisione di mia sorella alla fine ha dato risultati. Non ho mai smesso di credere nell’operato della magistratura, anche quando ci poteva essere qualche momento di sconforto. E quanto è emerso oggi premia quella perseveranza». Così Vincenzo e tutta la famiglia di Maria in questi anni si sono fortemente impegnati assieme a tanti altri familiari delle vittime di mafia. «La ‘ndrangheta e la subcultura di ‘ndrangheta, se ancora fosse necessario ribadirlo, sono retrograde e perdenti, mentre la bellezza e il sorriso di Maria, pur tra le nuvole, splendono ancora».

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