martedì 3 settembre 2024
Italia al 16mo posto tra i 27 Paesi europei dell’area Ocse e addirittura ultimo tra quelli del G7. Dal 2010 la distanza è progressivamente aumentata
Una corsia di ospedale

Una corsia di ospedale - Archivio

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Sedicesimo posto tra i 27 Paesi europei dell’area Ocse e addirittura ultimo tra quelli del G7. È questo il “piazzamento”, assai poco lusinghiero, dell’Italia nella classifica per spesa sanitaria pubblica, che si attesta al 6,2% del Pil, percentuale inferiore sia rispetto alla media Ocse che è del 6,9% che alla media europea del 6,8%. Sono dunque 15 i Paesi europei dell’area Ocse che investono una percentuale del Pil maggiore dell’Italia, con un gap che va dai +3,9 punti percentuali della Germania ai +0,6 della Norvegia.

Il tutto si evince dal dataset Oecd Health Statistics, che riporta i dati 2023 relativi alla spesa sanitaria pubblica, sia in percentuale del Pil, che pro-capite a prezzi correnti e parità di potere d’acquisto. La spesa sanitaria pubblica per ciascun Paese include vari schemi di finanziamento, di cui uno di solito prevalente: per l’Italia, ad esempio, è quello della fiscalità generale, per altri l’assicurazione sociale obbligatoria o quella privata obbligatoria.

Dati che sono stati analizzati dalla Fondazione Gimbe, al fine di fornire dati oggettivi per il confronto politico e il dibattito pubblico e prevenire ogni forma strumentalizzazione, in vista dell’imminente Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza rivisto in "salsa europea" e, soprattutto, in vista della discussione sulla legge di Bilancio 2025.

«Di fatto in Europa – commenta Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – siamo primi tra i Paesi poveri, davanti solo a Spagna, Portogallo e Grecia e ai Paesi dell’Est, esclusa la Repubblica Ceca». Dal 2010, per tagli e definanziamenti effettuati da tutti i governi, la distanza con i Paesi europei è progressivamente aumentata e il gap con la media dei Paesi europei nel 2023 ha raggiunto gli 807 euro pro-capite che si traduce nell’esorbitante cifra di oltre 47,6 miliardi di euro.

«Considerato che dati, narrative e indagini di popolazione – riprende Cartabellotta – documentano all’unisono che oggi la sanità pubblica è la vera emergenza del Paese, la Fondazione Gimbe chiede all’esecutivo un progressivo e consistente rilancio del finanziamento pubblico per la sanità, oltre che coraggiose riforme di sistema per garantire a tutti la tutela della salute, un diritto costituzionale fondamentale e inalienabile. La perdita di un Ssn pubblico, finanziato dalla fiscalità generale e fondato su princìpi di universalità, eguaglianza ed equità, determinerebbe un disastro sanitario, economico e sociale senza precedenti. E senza una rapida inversione di rotta, da tracciare già nella Nadef 2024 e, soprattutto, nella legge di Bilancio 2025, siamo destinati a rinunciare silenziosamente al diritto alla tutela della salute, già compromesso per le fasce socio-economiche più deboli, per anziani fragili e nel Mezzogiorno. E scivoleremo inesorabilmente da un Servizio sanitario nazionale fondato per garantire un diritto costituzionale a tutte le persone, a 21 Sistemi sanitari regionali regolati dalle leggi del libero mercato, dove le prestazioni saranno accessibili solo a chi potrà pagare di tasca propria o avrà sottoscritto costose polizze assicurative».

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