giovedì 27 giugno 2024
Il nuovo rapporto delle Nazioni Unite: «Pericoli per salute e ambiente» Timori per la diffusione dei «nitazeni», peggiori del Fentanyl. Legalizzare? Un boomerang.
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Il narcomercato avviluppa il pianeta come una gigantesca ragnatela, intossicando milioni di persone, generando crimini e avvelenando l’ambiente. Secondo il World Drug Report 2024 - diffuso ieri dall’Ufficio Onu contro la droga e il crimine (Unodc) in occasione della giornata mondiale contro l’uso di stupefacenti - il numero di persone che fanno uso di droghe è salito a 292 milioni nel 2022, con un preoccupante più 20% in 10 anni. Pertanto, in due settimane - dopo l’Osservatorio europeo e la Relazione italiana al Parlamento - altri indicatori internazionali confermano la gravità di uno scenario in cui, annota l’Onu, «l’emergere di nuovi oppioidi sintetici» e insieme «un’offerta e una domanda record di altre droghe» hanno «aggravato gli impatti del problema mondiale della droga, portando a un aumento di disturbi da uso di droghe e di danni ambientali». Da Roma la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ribadisce che «la lotta alla droga e alle dipendenze patologiche è una priorità assoluta del governo», che sta puntando anche sulla prevenzione. «Tutte le droghe fanno male, senza distinzioni - aggiunge -. E sostenere il contrario è un inganno».

Il narcomarket

Tenendo conto che stime e dati vanno considerati spesso per difetto, visto che da alcune nazioni non arrivano statistiche aggiornate, per l’Unodc la cannabis resta lo stupefacente più usato (228 milioni di consumatori), poi vengono oppioidi (60 milioni), anfetamine (30 milioni), cocaina (23 milioni), ecstasy (20 milioni).

Dopo il Fentanyl, l’incubo dei nitazeni

Cresce l’attenzione per i «nitazeni», gruppo di oppioidi sintetici 40 volte più potenti del già micidiale Fentanyl (che miete 60mila morti l’anno negli Usa). Sintetizzati 60 anni dalla farmaceutica come antidolorifici, furono sospesi per gli effetti collaterali, ma sono rispuntati nel black market. Pare che arrivino dalla Cina e sono comparsi in Canada e Stati Uniti, Belgio e Gran Bretagna (dove la National Crime Agency addebita loro 101 decessi tra ilgiugno 2023 e il febbraio 2024. Rispetto all’eroina, i nitazeni sono meno cari e più semplici da produrre, ma più pericolosi per il rischio di overdose.

Lo stop all’oppio afghano

Il ritorno dei nitazeni sarebbe correlato al fermo imposto dai Talebani in Afghanistan alle coltivazioni di papavero da oppio (meno 95%), che ha fatto scendere la produzione globale (meno 74%) ma fatto crescere quella in Myanmar (più 36%). Una contrazione che, in maniera beffarda, ha reso più poveri gli agricoltori afghani e più ricchi alcuni trafficanti.

Grave carenza di cure

Un altro allarme riguarda la situazione d’abbandono dei tossicodipendenti. Si stima che 64 milioni di persone in tutto il mondo soffrano di disturbi da uso di droghe, ma solo uno su 11 è in trattamento. E la disparità di genere pesa: solo una donna su 18 con disturbi da uso di droghe è in trattamento, rispetto a un uomo su 7.

Narcomafie e ferite all’ambiente

Nel 2022, 7 milioni di persone sono entrati in contatto formale con la polizia per reati di droga (con arresti, ammonizioni, avvertimenti). Fra loro, 2,7 milioni sono stati perseguiti e 1,6 milioni condannate. In alcune aree del pianeta, come il Triangolo d’Oro (zona montuosa fra Myanmar, Laos e Thailandia), i narcos diversificano, praticando pure l’estrazione illegale di risorse. Le comunità locali, povere e migranti, ne subiscono le conseguenze: per sopravvivere debbono coltivare oppio o s’indebitano coi criminali). E la narco-industria aggrava il «degrado ambientale con deforestazione, scarico di rifiuti tossici e contaminazione chimica».

Coca da record

La coltivazione di foglie di coca aumenta sempre più: nel 2022 è stato toccato il nuovo record di 2.757 tonnellate di cocaina, con un aumento del 20% rispetto al 2021. L’aumento prolungato di domanda e offerta fa crescere la violenza negli Stati lungo catena di approvvigionamento, in particolare in Ecuador e nei Caraibi, e i danni alla salute nei Paesi di destinazione, compresi quelli in Europa occidentale e centrale.

Cannabis, il boomerang della legalizzazione

Il rapporto fornisce anche alcuni dati utili a ragionare su un tema dibattuto a livello politico (in Italia e in altre nazioni). Dal gennaio 2024, si legge, «Canada, Uruguay e 27 giurisdizioni negli Stati Uniti hanno legalizzato la produzione e la vendita di cannabis per uso non medico», mentre in altre parti del mondo ci sono altri «approcci legislativi». Ebbene, «in queste giurisdizioni nelle Americhe, il processo sembra aver accelerato l’uso dannoso della droga», portando a una diversificazione dei prodotti a base di cannabis, «molti dei quali ad alto contenuto di Tetraidrocannabinolo». Non solo: l’Unodc rileva che «i ricoveri legati ai disturbi da uso di cannabis» e «la percentuale di persone con disturbi psichiatrici e tentati suicidi associati all’uso regolare di cannabis sono aumentati in Canada e negli Stati Uniti», specie tra «i giovani adulti».

Waly: «Investire di più nella prevenzione»

Dal suo ufficio di Vienna, l’egiziana Ghada Waly, direttrice esecutiva dell’Unodc, avverte: «La produzione, il traffico e l’uso di droga continuano a esacerbare l’instabilità e la disuguaglianza, causando danni incalcolabili alla salute, alla sicurezza e al benessere delle persone». A suo parere, bisogna fornire «trattamento e un supporto» a tutti i tossidipendenti, prendere di mira il mercato e investire «molto di più nella prevenzione».

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