Foto d'archivio
Non è e non sarà una semplice indagine giudiziaria, tra l’altro con molti dei confini ancora da definire. Ma l’inchiesta di Perugia sul monitoraggio abusivo degli archivi informatici riservati di centinaia di persone – tra cui politici e vip – è destinato a diventare un caso di scontro politico. Non solo perché tra gli 800 accessi abusivi che, secondo la procura di capoluogo umbro, il finanziere Pasquale Striano in servizio alla Procura nazionale Antimafia ha eseguito nelle banche dati compaiono molti politici o persone vicine al centrodestra.
Ma anche e soprattutto per il sempreverde dibattito sul confine della sfera della privacy (anche in ambito fiscale) anche quando si è un personaggio pubblico e sul diritto di cronaca. Perché infatti non è ancora del tutto chiaro perché il finanziere Striano abbia fatto centinaia di accessi abusivi (in alcune giornate anche più di 40), anche se per ora pare non siano stati creati veri e propri dossier. In alcuni casi sono state destinate - ritengono i magistrati - ad attività giornalistiche (tra i 15 indagati ci sono anche tre giornalisti del quotidiano “Il Domani”) e in altri per scopi non ancora chiari. Dagli accertamenti – l’indagine è ancora agli inizi - è intanto emerso però che Striano non ha ricevuto denaro a fronte dei presunti accessi illeciti alla banca dati.
L’inchiesta – guidata da Raffaele Cantone - punta, perciò, proprio a chiarire perché lo abbia fatto. In quattro o cinque casi i risultati sarebbero confluiti - emerge sempre dall’indagine - in attività di tipo giudiziario. Una parte d’indagine nella quale risulta coinvolto anche il magistrato della Procura Antimafia Antonio Laudati in passato responsabile del servizio Sos (Segnalazione operazioni sospette) che però, attraverso il suo difensore, ha rivendicato la correttezza del proprio comportamento. E adesso il caso finisce pure sul banco delle commissioni parlamentari di inchiesta e del Consiglio superiore della magistratura.
Gli stessi procuratori di Perugia Raffaele Cantone e dell'Antimafia Giovanni Melillo, nei giorni scorsi, hanno infatti chiesto di essere sentiti dal Comitato di presidenza del Csm, dal presidente della Commissione antimafia e da quello del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica. Il primo è il capo dell'ufficio titolare dell'inchiesta, mentre il secondo è l'attuale numero uno della Direzione nazionale antimafia, per la quale avevano prestato servizio i due indagati chiave: il finanziere Pasquale Striano e Antonio Laudati, ex sostituto procuratore dell'antimafia. E sono stati accontentati, visto che verranno sentiti in Commissione Antimafia il 6 e 7 marzo e il Copasir deciderà nelle prossime ore.
L’indagine
A far partire le indagini è stato un esposto presentato dal ministro della Difesa, Guido Crosetto alla procura di Roma a seguito di un articolo pubblicato proprio su "Il Domani" riguardo i compensi ricevuti per le consulenze svolte, in passato, per la società Leonardo. Ma tra gli spiati non ci sarebbe solo il responsabile della Difesa, ma ci sarebbero i ministri in carica Francesco Lollobrigida, Marina Elvira Calderone, Gilberto Pichetto Fratin e Adolfo Urso insieme a Marta Fascina, parlamentare e compagna di Silvio Berlusconi, gli ex presidenti del Consiglio Giuseppe Conte e Matteo Renzi, i sottosegretari Andrea Delmastro e Giovanbattista Fazzolari, ma anche Fedez, Cristiano Ronaldo e Massimiliano Allegri, Andrea Agnelli e il presidente della Fgci Gabriele Gravina (su cui ora indagano i pm di Roma).
Le indagini si sono subito concentrate sul finanziere Striano al cui attivo avrebbe, secondo gli inquirenti, più di 800 accessi illeciti ai sistemi informatici, indagato dalla procura di Perugia proprio per accesso abusivo a sistema informatico. Ma insieme a lui sono indagate altre 14 persone, tra cui il sostituto procuratore Antonio Laudati e tre giornalisti de “Il Domani”, che grazie ai dati raccolti da Striano, durante la formazione del governo Meloni, hanno scritto articoli sul possibile conflitto di interesse del ministro della Giustizia Crosetto. Secondo i pm sarebbe stata una consultazione di informazioni «compulsiva», quella di Striano. L’attività illecita sarebbe stata compiuta tra il 2019 e il 2023, cioè anche durante l’emergenza per la pandemia.
Le reazioni politiche
Dalla politica, soprattutto di centrodestra che accusa di «assordante silenzio» la sinistra, la voce che si alza è la richiesta di fare presto luce. Per la maggioranza, a cominciare dalla Lega, il quadro è «sconcerante» e «inquietante». E, come sostiene il ministro per le imprese e made in Italy (tra i nomi spiati) Alfonso Urso, «c’è assoluto bisogno di chiarezza» aggiungendo che si riserva di chiedere anche lui una audizione dopo quella dei procuratori Cantone e Melillo. Per il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, il quale invoca anche una pronuncia del Consiglio superiore della magistratura sui fatti e chiede un'immediata ispezione alla Procura nazionale antimafia, si tratta di «uno scandalo degno di una bicamerale», perché «serve trasparenza». Ad andare giù duro è soprattutto il Carroccio, con il segretario Matteo Salvini che parla di «una vergogna di stampo sovietico» e il partito è pronto a chiedere i danni a tutti. Come pure il leader di Italia Viva che considera la questione «uno scandalo da Paese sudamericano». Da M5s invece attaccano soprattutto il complottismo di Fratelli d’Italia e considerano il partito «in confusione», visto che non è vero che tra gli spiati ci sono solo personaggi di centrodestra, ma c’è anche «Conte con la compagna tra le vittime».