Don Fortunato Di Noto - Ansa
Indimenticabili, riecheggiano ancora le parole chattate dal branco di Palermo, appagato dopo le sevizie sulla coetanea che li implorava di smettere: “Eravamo cento cani sopra una gatta”. E ancora: “Che devo fare, la carne è carne. Dopo che si è sentita male, l’abbiamo lasciata lì piegata a terra e siamo andati via”. Come si arriva tanto in basso? Lo spiega lo stesso ragazzo in chat: “Una cosa così l’avevo vista solo nei video porno”. “Non c’è alcun dubbio che la pornografia sia una devianza che ha effetti devastanti sulla psiche, soprattutto se parliamo di minori e addirittura di bambini – afferma don Fortunato Di Noto, fondatore di Meter, da trent’anni in guerra contro l’abuso dei minori e la pedopornografia –. L’indifferenza aberrante di questi ragazzi, nello stupro di Palermo come negli altri fatti di cronaca che sempre più spesso coinvolgono aguzzini giovanissimi, ci dice che hanno perso la capacità di distinguere tra finzione e realtà: come nel porno, anche nella vita vera l’altro essere umano è un oggetto e puoi farne ciò che vuoi, il suo corpo diventa un organo sessuale, la sua persona non esiste, dunque la violenza si cancella subito dopo. Come fosse un file”.
Resta comunque incomprensibile che tra sette ragazzi nessuno abbia per un istante provato pietà. Il verbale del gip è agghiacciante: “Quando si accascia viene prontamente afferrata, accerchiata, girata. Alle sue urla di dolore gli indagati ridono e la sbeffeggiano”. Uno solo era minorenne, gli altri poco sopra i 20 anni.
Sopra o sotto i 18 anni, sono persone che nel bene o nel male avevano una capacità di pensare. Plasmati dal porno, hanno deciso di accerchiare la ragazzina, hanno deciso di seviziarla con le loro perversioni sessuali, la loro responsabilità è totale. Che cosa possiamo fare allora? Ci deve essere un’azione che li porti a comprendere cosa hanno fatto, una “scuola” di rispetto delle dignità umane, anche della loro. Ricordo un fatto analogo avvenuto anni fa a Niscemi, in Sicilia, dove due ragazzi stuprarono una coetanea fino alla morte, poi la gettarono in un pozzo. Chattando erano tranquilli, “abbiamo videato tutto, ma possiamo cancellare”, come se eliminando il video si eliminasse la violenza, la morte. Sono azioni che nella normalità un ragazzo non immaginerebbe nemmeno, ma la pornografia gradualmente assuefà, alza l’asticella dell’orrore.
Gli esperti dell’età dello sviluppo ci avvertono da tempo…
Anche noi di Meter lo vediamo da anni: i contenuti più estremi sono ormai fruibili con facilità fin da bambini, la conseguenza è l’erotizzazione precoce che li devìa dalla normale evoluzione, per cui diventano incapaci di costruire un’intimità sana e la loro sessualità sfocia nella violenza. Come ogni forma di dipendenza, anche l’erotizzazione precoce dà assuefazione: il fatto è che tutto quello che vedi nel porno, nella vita normale non accade – quando mai un neonato sarebbe visto come oggetto erotico? –, ma chi entra nel tunnel inizia a non distinguere più la realtà e vede nell’altro un oggetto di godimento. Per l’amore non c’è spazio, l’amore è rispetto, è tenerezza, ma loro non lo hanno imparato e quando incontreranno la ragazza da amare non lo sapranno fare.
Bisogna anche vedere in che ambiente crescono, che percezione dell’altro sesso hanno avuto in famiglia.
Ma anche del loro stesso sesso: l’abuso esiste anche tra maschi e maschi, ma non se ne parla perché è una vergogna ulteriore, la mentalità è ancora machista e puritana, la ragazzina denuncia, il ragazzino no.
Colpisce l’età sempre più bassa dei minori che incappano nel porno.
Ormai ne fruiscono già a 10/11 anni, senza alcun ostacolo né controllo, e la cosa più grave è che da qualche anno gli stessi bambini producono materiale pedopornografico utilizzando altri bambini più inermi, oppure con l’autoriproduzione: si filmano e immettono il materiale pedopornografico su tutti i canali possibili e immaginabili.
Tecnologicamente avanzati ma anche molto soli, quindi.
Hanno genitori che non vigilano: o non ci sono proprio, oppure sono molto meno esperti dei loro figli. Molto spesso sono loro stessi ad autorizzare i bambini a farsi un profilo falso, li aiutano dando i loro dati.
Se ne parla da anni, a livello planetario, ma non si è mai riusciti ad arginare la piaga. Se ne riparla ad ogni orrore di cronaca e poi?
C’è un’ipocrisia, anche a livello istituzionale, un moralismo di facciata, che poi nei fatti non ha mai portato a niente. Premessa scomoda ma vera: la pornografia è lecita e arriva dappertutto, perché attorno all’industria del porno gira un business da 100 miliardi di dollari, migliaia di donne e di uomini guadagnano esponendo quella che si chiama in gergo “l’ipersessualità della carne”. Domanda: qualche governo avrà il coraggio di vietare l’immissione indiscriminata del porno cui tutti possono accedere senza limite alcuno? Se non riusciamo nemmeno a regolare l’accesso ai social dei bambini, come potremo blindare un’industria potentissima, pari al mercato delle armi e della droga?
L’Europa, Francia in testa, però si sta muovendo con un nuovo Regolamento contro pornografia e pedopornografia a tutela dei minori, che (forse) sarà pronto a primavera…
Sempre che l’ideologia e gli scontri politici non blocchino ogni azione. Due volte ho partecipato in audizione in Commissione Europea a Bruxelles e ho parlato del nodo della privacy, portando con me qualche foto e qualche video affinché i parlamentari si rendessero conto di che cosa parliamo… Poca roba, naturalmente, perché per paradosso se avessi mostrato il materiale avrei compiuto io un reato! È ora che conservatori e progressisti si uniscano per tutelare davvero i bambini, senza alibi e senza brandire l’infanzia come clava ideologica. Se è vero che nel mondo 1 miliardo e 400mila piccoli sono, in diversi modi, vittime di trascuratezza, significa che è un fatto endemico, ogni bimbo ferito provocherà in futuro ulteriori disagi sociali e relazionali. Io che giro l’Europa con questi temi mi chiedo: la tutela dei bambini è veramente a loro favore, o è un tema politico usato dagli adulti? In un anno abbiamo documentato e depositato presso la Polizia internazionale 2.658 casi di neonati abusati (nell’80% dei casi da donne), ma nessuno ha mosso un dito. La legge 269 del 1998 definisce la pedofilia “nuova forma di schiavitù” e rende punibili i turisti sessuali, ma i 100mila turisti sessuali italiani (queste le stime) sono stati poi perseguiti? Mai.
Un ostacolo nella lotta alla pornografia online è il tema della privacy…
Non può esistere una privacy che non tuteli i minori, è una questione di priorità; se devo salvare i bambini non c’è privacy che tenga. C’è il problema di come costringere i provider a controllare l’età di chi si iscrive ai social o naviga? Guardi, a me basterebbe invece che si decidessero a cedere alla Polizia i dati di chi ha immesso il materiale pedopornografico sul web, non ci interessa che lo abbiano rimosso, anzi, così hanno cancellato delle prove e coperto i criminali. Per i server provider ogni clic, ogni condivisione, ogni visualizzazione sono soldi che girano. Occorre un’alleanza seria tra gli Stato e le multinazionali del settore. E soprattutto occorre quella “scuola” educante di cui parlavo all’inizio: è giusto investire nella repressione, ma se non si investe nell’educazione non funziona, posso garantire che i ragazzi, se li accompagni, capiscono e si creano gli anticorpi. Altrimenti che fai, proibisci lo smartphone a tutti i bambini? Impossibile. Ma in una società educante, e con un’alleanza seria tra Stato e provider, si può far sì che i nostri minori non cadano nelle trappole digitali.