Ansa
« È arrivato il momento che la sinistra italiana non si attesti più su posizioni arretrate, che ancora difendono la 'gestazione per altri' come fosse un diritto, e si esprima in modo netto, o pro o contro. Perché c’è reticenza». Emma Fattorini, ordinaria di Storia contemporanea alla Sapienza di Roma, già senatrice del Pd, è una dei firmatari della lettera al Pd e ai 5Stelle per l’abolizione universale dell’utero in affitto.
Il no alla mercificazione delle vite umane non dovrebbe essere un concetto caro alla sinistra? Come mai la sinistra italiana è così silente e in ritardo rispetto al resto d’Europa?
Se per sinistra si intende una cultura fondata su un umanesino comune, come quella italiana dichiara, ogni volta che la vita umana viene equiparata a una merce – sia come regalo, sia dietro scambio di denaro – questo dovrebbe essere stigmatizzato. Quando non avviene è perché si sposa una ragione tecnicista e globalista della maternità, anziché questi princìpi fondativi dell’umanesimo. Un’altra ragione penso sia un’idea molto superata di diritto, la paura di apparire 'indietro' rispetto a una richiesta di diritti. Uno sbaglio che nasce anche dai ritardi che nella storia nazionale ci sono stati per i diritti delle donne: così si confonde ciò che diritto non è.
Il no all’utero in affitto unisce credenti e atei, persone di sinistra e di destra, in un fronte trasversale sempre più deciso.
Non attiene infatti a una scelta confessionale o partitica capire che questa pratica non solo non favorisce la libertà delle donne, ma ne è una pesantissima limitazione, così come priva i bambini di crescere in relazione con la loro madre. Si tratta di diritti fondamentali e universali, questo è il momento per la sinistra italiana di abbandonare ogni reticenza. È vero che non tutte le situazioni sono uguali, che c’è una differenza tra le madri surrogate sfruttate nei Paesi poveri e le donne californiane o canadesi che magari lo fanno per arrotondare, in modo più libero, ma resta sempre quel punto irrinunciabile che la vita non è mai una merce, quel principio fondativo dell’umanesimo che il corpo umano non è mai in vendita, ancor più quando in gioco ci sono la maternità e un figlio che viene al mondo.
La vostra lettera ribadisce fermamente il divieto di trascrizione automatica degli atti di nascita dei bambini nati all’estero da Gpa. Divieto già sancito dalla legge 40, ma spesso baipassato con sanatorie ad personam.
Il punto è delicato: quando il bambino ormai è nato, deve essere assolutamente tutelato come ogni altro bambino, questa è la cosa principale. Ma non si può neanche trasgredire a una legge vigente. No quindi a posizioni ideologiche e ad estremismi da una parte o dall’altra, come invece accade tra chi pretenderebbe la trascrizione automatica degli atti di nascita e chi addirittura vorrebbe che si portasse via il bambino al genitore naturale. Ci sono tante realtà intermedie che la politica deve prendere in considerazione con umanità ma anche rispetto delle norme.
Il dibattito in Italia è frenato, a sinistra, dall’esperienza di parlamentari che hanno fatto ricorso alla 'gestazione per altri', sebbene sia un reato?
Più che un dibattito spesso è una corrida feroce, dalle due parti, e le personalizzazioni non aiutano. Il dibattito deve riprendere i princìpi fondamentali: la difesa del bambino e della donna, la non mercificazione dell’essere umano... Ma poi riaprire il tema delle adozioni, che siano più umanizzate, meno condizionate da princìpi astratti: oggi ad esempio i figli in famiglia si fanno tardi, anche il divario di età con il figlio adottivo allora deve cambiare. E poi la maternità deve essere vista come legata alla tutela e alla promozione: il no alla Gpa non può essere sganciato da una visione d’insieme della maternità e dell’infanzia, se no si crea ancora più divisione.
I media hanno grandi responsabilità, in questa narrazione...
Enorme. Si nutrono di rissa e la alimentano, non inquadrano quasi mai la Gpa nel contesto dei valori detti finora. In Italia siamo ancora dominati dalle ideologie, non dalle idee ma dalla loro degenerazione, bisogna tornare all’esistenza concreta della persona, solo allora si trovano i punti d’incontro. Ma i media vogliono questo?
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