Gentile direttore,
nei giorni scorsi il suo quotidiano ha espresso una posizione chiara e ovviamente condivisibile: sulla famiglia – ha scritto e titolato in prima pagina – dividersi è sbagliato. Invece è ciò a cui purtroppo abbiamo assistito, attraverso una serie di strumentalizzazioni che non faccio mie e di cui non avrei vergogna a scusarmi laddove provenissero da esponenti della forza politica che rappresento. L’occasione a ogni modo ci offre l’opportunità di aprire un dibattito più profondo, ma soprattutto più concreto in merito alla famiglia. Ho trovato infelice l’acuirsi di questo scontro politico su quale forma debba assumere o avere la famiglia. Per carità, considero comunque un bene che se ne discuta e che se ne parli, malgrado ciò, prima di concentrarci sul valore delle famiglie tradizionali o delle famiglie arcobaleno, proprio ieri ho suggerito di concentrarci sui «problemi delle famiglie ».
Che sono qualcosa che esiste da sempre, da ben prima del tifo da stadio a cui abbiamo assistito ultimamente. La famiglia non è una questione strettamente ideologica, a mio avviso, rappresenta bensì una spinta al rinnovamento e alla crescita socioculturale del Paese. Ognuno può avere il suo punto di vista, è legittimo. Io stesso considero la famiglia come nucleo composto da una mamma e un papà, ma non per questo ritengo di dover esasperare il mio pensiero. Nel ruolo che rivesto, in qualità dunque di vicepresidente del Consiglio e di ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, sento innanzitutto l’obbligo di dover dare delle risposte ai bisogni dei cittadini.
Ed è per questo motivo che abbiamo iniziato a implementare delle misure a sostegno delle persone in difficoltà, come il Reddito di cittadinanza, a cui stiamo affiancando un vero e proprio piano per la famiglia che troverà spazio anche nel Def. Il piano che come Movimento 5 Stelle presentammo in campagna elettorale è assai ambizioso, riprende il modello francese, e vogliamo iniziare a renderlo concreto muovendo i primi passi. In questo senso, l’incontro di martedì 2 aprile con il presidente del Forum delle associazioni familiari mi ha consentito di approfondire una proposta concreta per migliorare gli assegni familiari e istituire un assegno di natalità in linea con le migliori pratiche europee. Su queste proposte ho chiesto di aprire subito un tavolo tecnico.
L’obiettivo fondamentale resta l’avvio quanto prima di una riforma dell’Irpef con il coefficiente familiare. Il coefficiente familiare è determinante in una cornice di tassazione progressiva che deve necessariamente essere legata al nucleo familiare. Credo risieda proprio in questo la differenza tra una misura politica e una misura elettorale.
La prima prevede una prospettiva futura, una strada su cui immettere il Paese; la seconda ha un carattere randomico, priva di senso, a medio termine. Allo stesso tempo, è già in corso un lavoro per introdurre maggiori incentivi verso chi ha necessità di una baby-sitter e per l’acquisto di pannolini, con sconti del 50% sul prodotto. Poi agevolazioni sulle rette degli asili nido, fino ad arrivare a un dimezzamento (per il primo, il secondo e il terzo figlio) in quelle Regioni dove il costo è più alto. Nel 2017/2018 la tariffa media mensile, secondo il report di Cittadinanzattiva, è stata di 301 euro mensili: ciò significa che in alcuni casi si potrebbe arrivare a un risparmio anche di 1.500 euro a famiglia in un anno. Sono provvedimenti di buon senso, a cui si aggiunge il rifinanziamento con 100 milioni di euro del Fondo in favore delle giovani coppie per l’acquisto della prima casa, nonché un allargamento della previdenza complementare dei genitori ai propri figli nell’ambito di una serie di provvedimenti sul welfare aziendale che sto portando avanti.
Basta tutto questo? Assolutamente no, ma dobbiamo iniziare. In Italia abbiamo un tasso di natalità tra i più bassi di Europa e occorre quanto prima creare le condizioni affinché le coppie tornino a fare figli. In fondo siamo al mondo per questo, è il senso stesso della vita. Non servono grida, urla o polemiche di alcun genere. Serve mettersi a lavoro. Vicepresidente del Consiglio e ministro del Lavoro e delle Politiche sociali