Da sinistra: Bonafede, Conte e Di Maio alla conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri (Ansa)
Con un hashtag lanciato sui social network, il governo ha battezzato il nuovo disegno di legge anti corruzione «lo SpazzaCorrotti». Ieri il Consiglio dei ministri lo ha approvato e ora andrà alle Camere per l’iter parlamentare. Sul piano normativo, prospetta diverse innovazioni (in parte già anticipate nei giorni scorsi da Avvenire), a partire dal divieto «a vita» di stipulare contratti con gli uffici pubblici, definito "Daspo" come quello per gli stadi, per chi ha commesso gravi fatti corruttivi. Il testo contiene, secondo quanto annunciato ieri dal governo, anche un pacchetto di norme sulla trasparenza nei partiti e nelle fondazioni politiche, con un nuovo regime di pubblicità per le donazioni ricevute. Per il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il ddl costituirà una «riforma strutturale per il Paese». Il Guardasigilli Alfonso Bonafede insiste sulle sue potenziali ricadute "morali": «Porta una vera rivoluzione nella lotta alla corruzione, ora non se la cava più nessuno. Si apre una prospettiva di onestà per il Paese». Mentre il vicepremier e leader di M5s Luigi Di Maio parla di una svolta «culturale» e assicura che avrà gli effetti di una «manovra economica».
Salvini? «Assenza giustificata». Al Cdm non ha partecipato l’altro vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini (che l’altro ieri, a nome del Carroccio, aveva espresso dubbi sulla misura del Daspo perpetuo, temendo il rischio di «processi sommari»). A chi gli chiedeva se l’assenza di Salvini fosse un modo per prendere le distanze dal provvedimento, Conte ha risposto con ironia: «Si è giustificato per l’assenza. Prende le distanze? Perché è a favore della corruzione?». In mattinata, da Ischia, il premier aveva smentito tensioni nell’esecutivo.
I contenuti del ddl. Una delle novità, come detto, è il Daspo: «Se una persona è condannata in via definitiva per corruzione e per altri 8 nuovi reati, che sono stati inseriti – spiega il Guardasigilli Bonafede, illustrando alcune slide – non avrà più la possibilità di stipulare contratti con la Pubblica amministrazione». Per condanne fino a 2 anni di detenzione, «il Daspo potrà durare da 5 a 8 anni», ma per pene superiori invece «sarà a vita, è scritto nero su bianco». Ancora, l’interdizione dai pubblici uffici sarà permanente per condanne sopra i due anni e verrebbe eliminato qualsiasi "sconto" sulla pena accessoria per chi patteggia o ottiene la sospensione condizionale. Una revoca del daspo dagli appalti potrà però essere concessa in caso di riabilitazione, ma solo passati 12 anni dall’espiazione della pena, che diventano 15 se si sommano i 3 anni previsti per ottenere la riabilitazione. Altre innovazioni sono l’estensione dell’uso della figura dell’agente sotto copertura (già usato per mafia, droga o terrorismo) ai reati contro la Pa. Ancora, il reato di «millantato credito viene assorbito da quello di traffico illecito di influenze». Per l’appropriazione indebita aggravata e la corruzione fra privati, le indagini scatteranno d’ufficio, senza che sia necessaria la denuncia della vittima. Infine, c’è una norma "premiale" sulla non punibilità per i «pentiti», i cui presupposti sono «la confessione volontaria e su fatti non ancora oggetto di indagine». Ma, prosegue Bonafede, dovrà trattarsi di «reati commessi non più di sei mesi prima, si dovrà restituire il maltolto», le informazioni dovranno essere «utili alle indagini» e «verrà esclusa la premeditazione».
Donazioni ai partiti. Il vicepremier Di Maio ha poi illustrato le misure sulla trasparenza: «Chi finanzia un partito lo deve fare pubblicamente, non si può nascondere dietro l’anonimato per poi incassare dopo le elezioni. Disinneschiamo questo meccanismo, nella Terza Repubblica non esisterà più il segreto nel finanziamento alla politica». Le norme si applicheranno pure «alle fondazioni che fanno riferimento ai partiti», aggiunge il ministro del Lavoro, così «vedremo pure quanti hanno la faccia di finanziare i partiti politici».
«Mostro giuridico». Fra le opposizioni, c’è scetticismo. «È uno spot, con aspetti di dubbia costituzionalità ed efficacia», considera Walter Verini, responsabile Giustizia del Pd. Mentre il deputato di Forza Italia, ed ex Guardasigilli, Enrico Costa bolla il ddl come «un mostro giuridico, che stimola i crimini per poi reprimerli e stravolge i principi del sistema penale».