sabato 14 settembre 2024
Allenatori e atleti riuniti sui campi da gioco montati a Milano per l'anniversario del Centro sportivo italiano. Gli educatori: «La sfida è essere riferimento per i ragazzi anche oltre lo sport»
Un momento della grande festa in piazza Duomo

Un momento della grande festa in piazza Duomo - .

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La scia di entusiasmo per lo sport che ha avuto un picco con i Giochi Olimpici di Parigi è arrivata ieri fino in piazza Duomo, a Milano. Ha i volti dei bambini e dei ragazzi che partecipano alle attività del Csi – Centro sportivo italiano, tutti riuniti per celebrare gli ottant’anni dalla nascita dell’associazione. «Questa è una grande giornata di festa e di sport» dice un allenatore appena arrivato con la sua squadra di calcio, 20 bambini in attesa di giocare, e rende bene lo spirito della giornata. Si alternano in piazza tornei delle più svariate discipline, su campetti da calcio e basket, karate, ginnastica ritmica. C’è una parete di arrampicata, 22 metri di pista d’atletica per gli sprint di velocità, le bocce, il tiro alla fune, il golf. Tutti possono provare qualsiasi sport, in coerenza con lo spirito del Csi e dello sport dal basso che non vuole escludere nessuno. Gli atleti arrivano da territori diversi e portano qui la loro esperienza. «Noi giochiamo a Milano in zona Quarto Oggiaro, nel campo di un oratorio – spiegano ad esempio Annamaria Tobia e Marco Papini della squadra Resurrezione –. Stare accanto ai ragazzi significa per noi avere una responsabilità, fare parte del loro percorso di crescita e provare ad essere un riferimento anche nel mondo fuori dallo sport, che è complicato». Il loro quartiere ha storicamente una nomea negativa. «Sì, ma la situazione è migliorata molto rispetto ad anni fa. Sicuramente avere i ragazzi in campo è un modo per tenerli impegnati e per evitare che perdano tempo in situazioni non buone per loro».

Il valore sociale ed educativo dello sport viene rimarcato sia dai campioni che passano per la piazza sia da persone impegnate nel Csi in esperienze d’avanguardia. Ne raccontano una Maurizio Nava e Marzio Franchini che hanno appena premiato una decina di giocatori di calcio integrato, una disciplina che fa giocare ragazzi con e senza disabilità, insieme. «Il campionato Csi di questa disciplina è iniziato 15 anni fa e allora eravamo solo 4 squadre, oggi siamo arrivati a 12. Questo è uno sport che fa emozionare, un calcio-spettacolo molto diverso da quello a cui siamo abituati» spiegano. Non sono gli unici a testimoniare quell’inclusione che lo sport riesce a realizzare con successo. In piazza si vedono tante diversità che sui vari campi si coordinano e diventano armonia. Non solo: lo sport diventa anche un punto di osservazione privilegiato per osservare i cambiamenti di bambini e adolescenti nel tempo. «Noi abbiamo notato – raccontano Katia Longhi e Mara Cristallino, allenatrici del volley Nabor – un cambiamento in negativo: dopo il Covid i ragazzini sono molto più spaventati, non giocano serenamente e questo non va bene. Lo sport dovrebbe essere anche aggressività positiva, saper affrontare le sfide ed essere decisi: ora vediamo una fatica». E lo sport, da questo punto vista, continua a essere una risposta.

Le più diverse esperienze sono anche raccontate in piazza con una ventina di stand. C’è quello di Avvenire dove i ragazzi possono lasciare una traccia. «Che cosa è lo sport per te?» chiediamo. E loro rispondono: «Felicità e allegria», «Lo sport mi fa sentire bella» oppure «piacere, sfogo, libertà». Accanto, un altro stand racconta un’iniziativa di economia circolare che coinvolgerà tutti i Centri sportivi italiani e che porterà alla rigenerazione di vecchie apparecchiature. La racconta Giuliano Maddalena, amministratore delegato del gruppo Safe, promotore del progetto di economia circolare realizzato in collaborazione con Avvenire, Csi e Peak 56. «Forniremo pillole formative ai ragazzi e avvieremo una gara tra centri sportivi: i ragazzi si potranno disfare di vecchie apparecchiature che hanno a casa e vincerà chi raccoglierà più rifiuti».

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