mercoledì 8 gennaio 2025
Per il presidente Usa eletto «tutti possono permetterselo». La manovra italiana del 2025 aumenta già i fondi per la Difesa a 32 miliardi. Ma è l'1,5%. L'Osservatorio Mil€x: «Obiettivo folle»
La sede della Nato

La sede della Nato - Ansa

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Se il 2% del pil in spesa militare a molti sembra già troppo, ora bisognerà confrontarsi con un altro obiettivo. Un traguardo iperbolico, ma che per il presidente eletto Donald Trump è a portata di mano di tutti i paesi membri della Nato. Parlando dalla sua residenza di Mar-a-Lago, il prossimo commander in chief degli Stati Uniti d’America alza la posta. L’aumento delle spese militari, dice il tycoon, «tutti possono permetterselo, ma dovrebbe essere al 5% e non al 2%». Solo un annuncio, per ora. Ma che inevitabilmente entrerà con forza nel dibattito in corso sulla vertiginosa corsa al riarmo già avviata negli ultimi anni. E in Italia cosa comporterebbe raggiungere quel traguardo? Il nostro Paese oggi è all’1,5% del pil in spesa militare, e questo grazie a un aumento pesante del 7% in questa manovra di bilancio. Per arrivare al 5% del pil in spese militari, il nostro Paese dovrebbe quindi almeno triplicare gli stanziamenti per soldati e armi, passando da 32 a oltre 100 miliardi di euro.

Lo scenario oggi è già quello di un’impennata nella spesa militare che non ha precedenti dai tempi della Guerra fredda. Ma non sembra affatto produrre in una maggiore sicurezza globale, visti i molteplici fronti aperti, dall'Ucraina a Israele al Sudan, solo per citare i più drammatici. L’ultimo rapporto del Sipri sui dati 2023 parla di 2.443 miliardi di dollari di spesa militare mondiale, di cui ben 916 solo da parte degli Stati Uniti. Anche l’Italia attualmente sta aumentando i fondi destinati alle forze armate, con una crescita netta di oltre 2,1 miliardi di euro (più 7,31%) rispetto alle previsioni per il 2024. Un bilancio che per la prima volta porta la spesa militare italiana ben oltre quota 30 miliardi.

Secondo i calcoli dell’Osservatorio Mil€x sulle spese militari, la legge di bilancio 2025 stanza infatti 32 miliardi di euro per le Forze armate. Non si tratta solo del bilancio del ministero della Difesa. Anche senza contare le spese per l’Arma dei Carabinieri, che si occupa quasi esclusivamente di ordine pubblico e per quella quota non rientra nella spesa militare, alla cifra vanno aggiunti altri fondi stanziati soprattutto per le missioni militari e per l’acquisto di armamenti e allocate nei bilanci di altri ministeri. Alla spesa militare italiana vanno poi aggiunti anche i fondi che l’Italia destina all’Unione Europea per la difesa.

Francesco Vignarca, analista dell’Osservatorio Mil€x, spiega che «la Nato calcola una cifra anche superiore alle nostre stime. Possiamo comunque dire che l’Italia oggi spende l’1,5% del pil reale, secondo le stime del Nadef, la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza. Senza dimenticare che il pil previsionale non è un dato certo. Il Nadef prevede circa 2.255 miliardi, l’Istat di meno».
Con questi dati si può comunque calcolare con ottima approssimazione cosa significherebbe per l’Italia il 5% citato da Trump: «Sì, triplicare la spesa militare italiana attuale, per arrivare a circa 110 miliardi». Perché 5% e non 2,5% o 3, 7%? «Questa percentuale del pil “sparata”, è il caso di dirlo, da Donald Trump non deriva da una valutazione militare», sostiene l’analista di Mil€x. Secondo Vignarca, dunque, dietro al numero lanciato nel dibattito internazionale «non c’è un ragionamento su una ristrutturazione delle forze armate in base al quale si rende necessaria una determinata cifra».

L’altra riflessione è sulla tempistica e sui modi per raggiungere il traguardo: «Per arrivare al 5% in poco tempo, l’unico sistema è comprare massicce quantità di nuovi sistemi d’arma. Mentre l’altro spostamento della spesa - che deriverebbe da un aumento degli effettivi, cioè dei soldati, delle basi, delle attività - è un processo lungo e complesso che non si realizza in pochi anni. Ha una finestra temporale almeno decennale».

Perché parlare di cifre del 300% più alte della spesa attuale? «È una dichiarazione di intenti politici che serve solo a favorire gli interessi armati. Come ha già fatto nel precedente mandato alla Casa Bianca – ricorda l’esperto di Mil€x - quando aveva chiesto il 2% perché i paesi Nato erano tutti sotto quella percentuale. Poi anche qualche leader europeo ha cominciato a parlare del 3 o del 3,5%. Sono tutti escamotage – sostiene il ricercatore – scuse per alzare la spesa militare tout court, senza fornire alcuna giustificazione militare e strategica».

Cosa dovrebbe fare dunque l’Italia se decidesse di arrivare a spendere il 5% del suo pil in Difesa? «Degli oltre 32 miliardi previsti per il 2025, ben 13, quasi il 40%, sono solo per sistemi di arma. Per spendere oltre 100 miliardi per la Difesa bisognerebbe destinare altri 80 miliardi solo ad armamenti – dice Francesco Vignarca – ma già oggi spendiamo miliardi per cacciabombardieri, sommergibili, navi, mezzi blindati. Una follia. Sarebbero assolutamente superiori alle necessità di forze armate italiane – conclude l’analista dell’Osservatorio Mil€x - che non sono quelle statunitensi o cinesi per numeri, basi militari, arsenali di stoccaggio delle armi».

La spesa militare però potrebbe essere aumentata, anche se non in tempi rapidi, puntando anche a un aumento degli effettivi, ora circa a quota 160 mila militari. «In questo caso si dovrebbe passare dagli attuali 20 miliardi di spese dirette per il personale ad almeno 60 miliardi. Cioè per assumere, formare, esercitare e collocare in nuove caserme un numero triplo di soldati e ufficiali, arrivando a 480 mila unità. Quasi mezzo milione di effettivi, un livello superiore anche alle forze armate non professionalizzate dell’epoca della leva obbligatoria». Con la difficoltà, non da poco, di trovare altri 320 mila uomini e donne disposte ad arruolarsi. Quando le Forze armate, già oggi, faticano a riempire i bandi e pescano personale soprattutto dalle regioni meridionali, dove la disoccupazione è più grave.

Secondo Vignarca dunque «il 5% è un obiettivo del tutto irrealistico: non solo per le motivazioni inesistenti e non esplicitate, non solo perché sarebbe un’ulteriore militarizzazione della politica internazionale e delle relazioni internazionali, non solo perché comporterebbe una sottrazione devastante di miliardi di euro a settori già profondamente in crisi come la sanità, la scuola, la cura del territorio. Ma perché non avrebbe nemmeno una realizzabilità tecnico-militare».


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