lunedì 17 giugno 2024
Non riconosciuti l'omicidio colposo e il disastro colposo ai responsabili della sicurezza. La procura aveva chiesto 50 anni di carcere per 9 imputati. I familiari delle vittime: «Vergogna di Stato»
L'ingresso della discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo, in cui nel 2018 morirono 6 persone

L'ingresso della discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo, in cui nel 2018 morirono 6 persone

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Non hanno la responsabilità per omicidio colposo plurimo né per disastro colposo, ma solo per il reato di falso, sette dei nove imputati del processo bis per la strage di Corinaldo (Ancona), dove tra il 7 e l’8 dicembre 2018 morirono sei persone nella calca alla discoteca Lanterna Azzurra: Asia Nasoni, 14 anni, Daniele Pongetti, 16 anni, Benedetta Vitali, 15 anni, Mattia Orlandi, 15 anni, Emma Fabini, 14 anni, ed Eleonora Girolimini, 39 anni, mamma di 4 bambini.

È la sentenza emessa dal giudice monocratico del tribunale di Ancona, Francesca Pizii. Delusi e amareggiati i familiari delle vittime, che hanno espresso parole di sfiducia nei confronti dello Stato, preannunciando appello. Di diverso tenore i commenti dei legali degli imputati, soddisfatti che sia stato negato il legame tra le inadempienze amministrative e le morti. Dopo il primo processo alla banda che spruzzò peperoncino per compiere furti e scatenò il panico, che fu all’origine della fuga e della calca costate le le sei vite e , la sentenza di ieri riguardava le presunte carenze strutturali della discoteca e le autorizzazioni ottenute per gestire l’evento aperto al pubblico.

A processo erano l’ex sindaco di Corinaldo, Matteo Principi, che presiedeva la commissione di pubblico spettacolo che concesse le autorizzazioni e gli altri cinque componenti: Massimo Manna (responsabile dello Sportello unico attività produttive), Rodolfo Milani (vigile del fuoco), Francesco Gallo (Aziende sanitaria unica regionale, Asur), Stefano Martelli (polizia locale), Massimiliano Bruni (perito esperto in elettronica), due consulenti tecnici (Francesco Tarsi e Maurizio Magnani) e il socio della Magic Srl, che gestiva il locale, Quinto Cecchini.

Per loro i pm Paolo Gubinelli e Valentina Bavai avevano chiesto in totale circa 50 anni di carcere, con pene comprese tra i 5 e i 6 anni e otto mesi , per un solo imputato erano stati chiesti 2 anni e mezzo. I permessi per il locale pubblico erano stati rilasciati dalla commissione nell’ottobre 2017. Per la pubblica accusa non c’erano le condizioni per far restare la Lanterna Azzurra aperta, adibita a poco più di magazzino agricolo.

L'aula del Tribunale di Ancona durante il processo

L'aula del Tribunale di Ancona durante il processo - Ansa

Dopo due anni e quasi 50 udienze, il gip ha invece assolto tutti gli imputati dai reati di omicidio colposo e di disastro colposo, perché il fatto non sussiste, cioè con formula piena. Le condanne sono solo in relazione al reato di falso ideologico. La società Magic è stata condannata al pagamento di una sanzione amministrativa di 90.300 euro, e sono state rigettate le richieste di risarcimento danni da parte dei famigliari delle vittime.

La pena maggiore, un anno e 2 mesi, a Rodolfo Milani (falsa attestazione del rispetto delle norme antincendio); condannati a un anno Matteo Principi, Francesco Gallo, Massimiliano Bruni, Stefano Martelli e Massimo Manna; quattro mesi per Francesco Tarsi (falso ideologico per la certificazione sui parametri microclimatici determinanti per la capienza di pubblico). Assolti Maurizio Magnani e Quinto Cecchini. A tutti il beneficio di sospensione condizionale della pena.

«Giustizia non è stata fatta» ha commentato Paolo Curi, marito di Eleonora. Aggiungendo: «Alla fine i più deboli ci rimettono sempre. Condannare i ragazzetti che comunque sono dei delinquenti, è molto più facile che condannare chi amministra». «Se questo è il processo che lo Stato riesce a fare – ha detto Fazio Fabini, papà di Emma – io non riconosco questo Stato: è vergognoso per i nostri figli». Francesco Vitali, fratello di Benedetta, che prima della sentenza si augurava la condanna secondo le richieste dei pm, ha detto di essere sfiduciato dalla giustizia: «L’hanno uccisa un’altra volta». «Faccio fatica a credere siano stati assolti» osserva Giuseppe Orlandi, papà di Mattia: «Abbiamo sentito che non c’era niente a norma, poi arrivano condanne solo per falso: c’è qualcosa che non torna. Speriamo che si possa ribaltare in appello».

Diverso lo stato d’animo degli imputati. Rodolfo Milani spiega: «È una tragedia che ha colpito tutti, anche noi». E il suo legale Marina Magistrelli (difensore anche di Matteo Principi e Massimo Manna), in attesa delle motivazioni, si dichiara «molto soddisfatta del lavoro svolto».

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