La tenda allestita ad Alessandria per il percorso del pre-triage - Ansa
Dopo il pipistrello, la mutazione. Lo staff di Massimo Ciccozzi, l’epidemiologo del Campus biomedico che ha scoperto il salto di specie del Sars-CoV-2, ha concluso ieri un nuovo studio che sarà pubblicato nei prossimi giorni su una rivista scientifica. «Abbiamo comparato i genomi dei primi malati cinesi con quelli più recenti e sembra che siano già intervenute 2 o 3 mutazioni – racconta in quest’intervista il responsabile dell’Unità di Statistica medica e Epidemiologia molecolare dell’università Campus biomedico di Roma –, che non modificano il comportamento del virus. La preoccupazione è che, di mutazione in mutazione, possa peggiorare non tanto la contagiosità, quanto la letalità di questa malattia, ma dai nostri dati preliminari questo non si evince».
Per fermare il coronavirus conviene investire più sul vaccino o sulla quarantena?
In questo momento si stanno rivelando molto più efficaci le restrizioni, perché il vaccino non c’è e sappiamo che sarà pronto non prima del gennaio 2021. Anthony Fauci (l’immunologo statunitense che sta lavorandoci, ndr) esclude che possa essere commercializzato prima di allora, e mi sento di credergli. Ovviamente, tutti questi mesi sono un’eternità: la quarantena deve proseguire.
Non c’è il rischio che se sconfiggeremo il virus non cercheremo più il vaccino, come avvenne con la Sars?
Può darsi e sarebbe un errore, come lo è stato. Se oggi potessimo disporre del vaccino della Sars, considerato che il Sars- CoV- 2 ha un patrimonio genetico identico all’ 80%, saremmo molto avanti nella ricerca. Aver abbandonato quella sfida è una pecca, ma nessuno investe per combattere una malattia che è scomparsa.
Lei dunque difende le misure di restrizione che tutti vorrebbero allentare?
Io credo che, come dimostra il caso del Lodigiano, la gente alla fine accetti la quarantena perché capisce che la si impone per salvare la vita delle persone. Anche la scelta della Regione Lombardia di prolungare le misure restrittive sarà compresa dalla popolazione: è l’unica arma che abbiamo a disposizione.
Però si guarisce.
Vero. Si guarisce nel 97% dei casi e si usano già antivirali che rinforzano il sistema immunitario. Tuttavia, è un uso compassionevole di strumenti testati su ebola e hiv, cioè non sappiamo se siano efficaci, sappiamo che non fanno male e che 'forse' aiutano a guarire. Un po’ poco per definirli un’arma contro il coronavirus, no?
Da quand’è presente il Sars-CoV-2 sul territorio italiano?
Non si sa con certezza. Potremo ricostruirne la storia quando il gruppo di Massimo Galli produrrà le sequenze del virus 'italiano'. Noi possiamo lavorare su quelle cinesi. Nelle scorse settimane, abbiamo individuato l’origine animale, il salto di specie dal pipistrello, e poi alcune mutazioni che lo rendono più contagioso, ma lo destabilizzano, cioè lo rendono meno letale della Sars del 2003. Più recentemente, anzi, diciamo pure che lo studio è finito venerdì, abbiamo comparato i genomi dei primi malati con quelli più recenti e sembra che siano intervenute altre 2 o 3 mutazioni che non incidono particolarmente sul comportamento del virus. La mia preoccupazione è che, di mutazione in mutazione, possa peggiorare non tanto la contagiosità, quanto la letalità di questa malattia, anche se dai nostri dati preliminari questo non si evince. La letalità del virus dipende dalle mutazioni che avvengono nell’uomo per sfuggire al sistema immunitario: un gioco di guardia e ladri infinito, che noi rincorriamo, con la paura che prima o poi il coronavirus "becchi" la mutazione giusta per lui, e sbagliata per noi, che lo renderebbe davvero letale.
Per questo Bill Gates sostiene che è l’agente patogeno del secolo?
Non so su che basi scientifiche lo dica; al momento non è neanche una pandemia. Lei è ottimista? No, sono realista. Si guarisce. Ma intanto cambia. I risultati dello studio appena concluso autorizzano ad essere un po’ ottimisti, ma le mutazioni proseguiranno finché non l’evremo eradicato.
Cosa pensa del lavoro fatto dal governo?
Da quando c’è Walter Ricciardi mi sembra che si faccia tutto quel che serve.
Lei isolerebbe gli anziani e i deboli?
In un focolaio senza dubbio. A Milano, isolare una frazione della popolazione significherebbe non farla vivere più. Non chiudiamo i centri anziani: al più, portiamo i nostri vecchi in auto, non facciamoli andare in metropolitana. E comunque sia, stare in casa quindici giorni non uccide nessuno. Il virus, anche quando non uccide, fa star male.