lunedì 17 marzo 2025
Un'analisi Save the Children sui dati Inps evidenzia che il 65% ne usufruisce, ma per chi vive al Sud, lavora in piccole realtà e ha contratti atipici la percentuale si dimezza
Congedi di paternità triplicati in dieci anni, ma emergono le diseguaglianze
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I papà di oggi sono cambiati: sono più presenti nell’educazione dei figli, sin dalla loro nascita. Una metamorfosi che si manifesta anche nel ricorso al congedo di paternità, diventata finalmente un’occasione colta e non più sprecata. Il suo utilizzo è più che triplicato fra il 2013 e il 2022 passando dal 19,2% degli avanti diritto nel 2013 al 64,5% nel 2022. Un papà su tre però (il 35%) non lo utilizza con percentuali più ampie per i lavoratori con contratto a termine, per quelli che lavorano nelle piccole aziende e per quelli che risiedono al Sud.

In vista della festa del papà una nuova analisi Save the Children sui dati Inps scatta la fotografia di papà che scelgono di stare a casa alla nascita di un figlio. Si tratta di un padre che ha più di 30 anni, vive al Nord, lavora in imprese di media-grande dimensione con un contratto di lavoro stabile e ha un reddito medio-alto. Nonostante esista ancora uno squilibrio di genere tra i due genitori nella cura dei figli, sottolinea il rapporto, qualcosa si muove, e anche in maniera costante.

Il presidente Inps Fava: cambiamento culturale in atto. "Sul congedo di paternità - ha detto il presidente dell'Inps, Gabriele Fava - registriamo un trend positivo che evidenzia un cambiamento culturale in atto. Tuttavia, circa il 35% dei padri aventi diritto ancora non ne usufruisce, è una misura su cui faremo ulteriori iniziative di sensibilizzazione”. Promuovere il congedo di paternità produce effetti concreti sulla relazione padre-figlio ma anche sulla distribuzione più equilibrata delle responsabilità familiari e della conciliazione vita-lavoro delle donne. Un passo essenziale verso una reale parità di genere in famiglia. La crescita del congedo è stata più marcata nei primi anni e più contenuta negli ultimi, con una differenza di soli 0,5 punti percentuali tra il 2023 e il 2022. "Nonostante i segnali positivi che i dati sulla fruizione del congedo di paternità ci mostrano, ha sottolineato Daniela Fatarella direttrice generale di Save the Children - c'è ancora molto da fare per favorire un'equa condivisione della cura tra madri e padri".

Congedi triplicati in dieci anni. I dati mostrano che la percentuale di papà che utilizza il congedo di paternità si è più che triplicata fra il 2013 e il 2022. Nel 2013, infatti, poco meno di 1 padre su 5 ne ha usufruito (il 19,25%), cioè 51.745 padri, mentre, nel 2022, sono stati più di 3 su 5 (il 64,02%), cioè 172.797 padri, con poche differenze a seconda che si tratti di genitori del primo (65,88%), secondo o successivo figlio (62,08%).

Come funziona il congedo di paternità. Quando nel 2012 è stato introdotto il congedo di paternità, questo prevedeva un solo giorno obbligatorio e due facoltativi, mentre oggi vengono garantiti 10 giorni obbligatori e uno facoltativo ai neopapà ed è utilizzabile tra i due mesi precedenti e i 5 successivi al parto.

Congedo di paternità: chi lo utilizza di più? Esistono forti differenze. Dall’indagine risulta di Save The Children risulta che è più elevato il numero di padri che ne usufruisce nelle province del Nord e tra chi ha un reddito più alto. I padri che utilizzano di più il congedo di paternità sono uomini nelle fasce d’età comprese fra i 30 e i 39 anni (65,4%) e fra i 40 e i 49 (65,6%). È più probabile che il padre usufruisca del congedo di paternità se lavora in aziende medio-grandi. Fra quelle con oltre 100 dipendenti, infatti, l’utilizzo è pari al 77%, mentre scende al 67,8% in quelle che hanno fra i 51 e i 100 dipendenti, al 60% fra quelle che hanno fra i 16 e i 50 dipendenti. Si arriva al 45,2% nelle aziende con 15 dipendenti o meno. Eppure, è proprio in questa ultima tipologia di azienda che si è registrato l’aumento maggiore nell’utilizzo del congedo di paternità tra il 2021 e il 2022 (più 8,7%).

Differenze territoriali e contrattuali Oltre alle differenze per età e dimensione aziendale, esistono anche altre differenze sull’utilizzo del congedo di paternità, che riguardano la tipologia contrattuale, il reddito e l’area di residenza. Sebbene l’aumento nell’utilizzo del congedo di paternità si registri in tutta Italia, ci sono alcune differenze territoriali con valori di fruizione inferiori al 30% ad esempio nelle province di Crotone (24%), Trapani (27%), Agrigento e Vibo Valentia (29%), mentre valori superiori all’80% (i più elevati), si registrano nelle province di Bergamo e Lecco (81%), Treviso (82%), Vicenza (83%) e Pordenone (85%). Nella fruizione dei congedi di paternità si rilevano forti disuguaglianze tra le diverse tipologie contrattuali, a favore di chi ha un contratto di lavoro più stabile. Se infatti, tra i lavoratori con un contratto a tempo indeterminato la percentuale sfiora il 70% (69,49%), tra quelli con contratto a tempo determinato scende al 35,95%, mentre tra gli stagionali arriva solo al 19,72%. Per quanto riguarda le fasce di reddito l’utilizzo del congedo di paternità è più diffuso tra i padri con un reddito compreso fra i 15mila e i 28mila euro (73,3%) e fra quelli con reddito superiore a 28mila euro e inferiore a 50mila (85,68%). La correlazione positiva tra reddito e utilizzo del congedo di paternità, però, si interrompe a partire dai redditi di 50mila euro (tra chi ha un reddito superiore a questo importo ne usufruisce il 78,63%).

La sfida di equiparare i congedi di maternità e paternità “È necessario sostenere questo cambiamento, andare nella direzione di un congedo di paternità per tutti i lavoratori, non solo i dipendenti, garantendo che i datori di lavoro adempiano all’obbligo di riconoscere tale diritto, e fino ad arrivare all’equiparazione con il congedo obbligatorio di maternità - spiega Giorgia D’Errico, direttrice Affari pubblici e Relazioni istituzionali di Save the Children -. Una misura, questa, anche a sostegno delle neomamme”.

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