I collaboratori familiari possono lavorare - Fotogramma
Le misure restrittive e il cosiddetto decreto "Serra Italia" hanno lasciato una scia di dubbi sulle attività ammesse o no, per poter uscire senza incappare nel rischio di multe sempre più salate. Un caso specifico è il lavoro domestico per collaboratori familiari e badanti che non si ferma davanti all'emergenza coronavirus. I datori di lavoro domestico (codice Ateco 97) rientrano infatti tra quelli che il governo ha autorizzato a operare, nella lunga lista varata domenica scorsa.
La necessità effettiva di raggiungere il posto di lavoro rientra, dunque, nella casistica che il lavoratore può dichiarare nell'autocertificazione, nel caso di un controllo per strada. Perché ciò accada, però, naturalmente è necessario che si tratti di un rapporto di lavoro regolare e questo spiega un singolare fenomeno segnalato negli ultimi giorni: accanto a un forte flusso di cessazioni di contratti, dovute evidentemente alle preoccupazioni sanitarie dei datori di lavoro che vogliono evitare contatti con persone esterne (il che genera altre ricadute di tipo economico, dato che colf e badanti non sono finora espressamente sostenuti sul piano economico dall'altro decreto del governo Conte, il "Cura Italia", non rientrando tra i beneficiari della cassa integrazione in deroga: per loro non resta che attendere il reddito di ultima istanza che partirà solo fra un mese), si registra anche un discreto numero di assunzioni.
Evidentemente frutto in buona parte di regolarizzazioni di rapporti di lavoro già esistenti, ma finora "sommersi". Giova ricordare che, per questi lavoratori, può aiutare quindi una dichiarazione del datore di lavoro (anche se non espressamente prevista dalla normativa) in cui si attesta che la tale persona è regolarmente assunta per svolgere lavoro domestico presso la propria abitazione, indicando anche l'indirizzo.
Peraltro le preoccupazioni sanitarie valgono anche per colf e badanti. Per questo nei giorni scorsi Assindatcolf, l'associazione datoriale aderente a Confedilizia, ha fatto un appello al buon senso consigliando la sospensione in questa fase delle attività domestiche non strettamente necessarie, fatta eccezione per quelle necessarie legate alle persone non autosufficienti. E per i lavoratori rimasti "senza lavoro" le strade consigliate sono soprattutto due: il primo è l'utilizzo di un periodo di permesso retribuito dal datore (consigliabile specie se si tratta di un impegno di poche ore a settimana), qualora non si voglia far pesare economicamente l'interruzione al proprio collaboratore; in alternativa si può fare ricorso alla fruizione delle ferie previste dal rapporto di lavoro, nel caso che ve ne siano di residue.