Greta Thunberg, sedici anni: l’attivista svedese ieri ha guidato il corteo dei ragazzi a Montreal in Canada (Ansa)
Dice di essere commossa dall’accoglienza di Montreal e dalle decine di migliaia di persone che ieri hanno saltato la scuola o il lavoro per marciare per il clima nella città canadese. E in effetti la Greta Thunberg che si appresta a unirsi alla manifestazione ai piedi del Mont Royal appare emozionata. Lontana è la rabbia con la quale al Palazzo di Vetro aveva ingiunto ai leader mondiali di «vergognarsi» per la loro inerzia. Ma il messaggio non è cambiato. Che parli del primo ministro canadese Justin Trudeau o dei capi delle Nazioni Unite, la giovane attivista svedese non ha dubbi: i politici hanno fallito, e dopo tanti vertici internazionali e troppi discorsi non l’hanno ancora ammesso. La 16enne, arrivata a Montreal da New York con il padre Svante a bordo di un’auto elettrica prestatale da Arnold Schwarzenegger (un dettaglio che trova «molto divertente»), promette allora di andare avanti, perché gli attacchi che riceve sempre più di frequente le dimostrano che la voce del movimento per l’ambiente è diventata «troppo forte perché i politici la possano ignorare».
Greta, ci sono migliaia di giovani al mondo in piazza per il clima. Perché pensi che la tua protesta sia andata così lontano da diventare un fenomeno mondiale?
Non lo so. Forse ha qualcosa a che vedere con il fatto che ho una forma di autismo. Non mi adeguo alle norme sociali, non mi interessa fare quello che fanno gli altri, vado avanti per la mia strada. Forse gli adulti hanno visto che non mi sarei fermata e hanno cominciato a prestare attenzione.
Il clima per te viene prima di tutto? Hai sospeso la scuola, tua madre ha praticamente abbandonato la sua carriera di cantante d’opera perché ha smesso di volare, la tua esistenza è completamente cambiata. Non ti manca mai la tua vita di prima?
Sì, ma questo è più importante. Altrimenti avrei una doppia morale, se dico che qualcosa è importante, ma poi non la faccio, è una dissonanza cognitiva. Se si crede in qualcosa, bisogna farlo.
Pensi che i giovani siano immuni da questa doppia morale?
Per noi è una minaccia diretta. I più vecchi tanto saranno già morti quando le conseguenze peggiori di questa crisi si faranno sentire. Noi invece le vedremo da vicino, durante la nostra vita: è per questo che i giovani sono così preoccupati.
Dopo aver ascoltato i discorsi dei leader mondiali all’Onu e aver partecipato al vertice mondiale sul clima al Palazzo di Vetro, hai più speranze che le cose cambino?
Manca ancora tanto da fare, ancora tutto. Per ora non è cambiato niente. Nessun leader ha veramente ammesso che nella protezione del pianeta finora ha fallito. Non è ancora diventata una priorità.
Che cosa hai imparato o che cosa ti ha colpito maggiormente durante il tuo soggiorno negli Stati Uniti?
Quello che mi ha sconvolto in America è che la gente si divide fra chi crede nel cambiamento climatico e chi non ci crede. Ma non è una scelta, sono fatti.
Quale è stato il tuo messaggio per Justin Trudeau (che incontrato ieri, ndr). Come sai l’industria del gas e del petrolio, soprattutto l’estrazione dell’olio di scisto, è molto importante per il Canada e ha effetti disastrosi sul clima...
Il mio messaggio per tutti i politici nel mondo è lo stesso. Ascoltate la scienza. È facile puntare il dito contro una persona sola, ma tutti i politici hanno fallito, e devono cominciare ad ascoltare la scienza.
A Montreal sei stata accolta dai capi delle Prime nazioni indigene e li hai invitati alla manifestazione. Che cosa ti ha spinto a cercare questa collaborazione?
Le popolazioni indigene hanno protetto la natura per i secoli passati. Sono da sempre in prima linea, quindi dobbiamo ascoltare le loro voci, è importante che diano il loro contributo in questa lotta.
Che cosa vuoi dire a tutte le persone che partecipano alle marce per il clima in tutto il mondo?
Che il movimento è diventato molto grande, e questo è toccante. La cosa principale da fare è informarsi, e poi agire. Ad esempio so che presto in Canada ci saranno delle elezioni e mi aspetto che tutti si assumano le loro responsabilità. Non dobbiamo sottovalutare la nostra forza collettiva.
Sei stata attaccata da uomini potenti. L’ultimo, ieri, il vice premier ungherese, ti ha definita «una bambina malata». Perché pensi che succeda?
Non so e non capisco perché lo facciano, quando potrebbero usare il loro tempo per fare qualcosa di buono. Forse perché sentono che il loro mondo, la loro visione del mondo è minacciata. Ma è un complimento per noi, sapere che abbiamo un tale impatto. La nostra voce è diventata troppo forte perché la possano ignorare e allora cercano di farla tacere.