Paolo Casiraghi - Ansa
Nella casella della posta con il numero 56 è rimasta un’ultima lettera. «È la convocazione dell’assemblea condominiale» spiega il portinaio Giuseppe, l’ultimo ad avere visto Paolo Casiraghi il 59enne di Milano disperso nell’esplosione della centrale idroelettrica di Bargi, sull’Appennino Bolognese. Casiraghi lunedì mattina è partito dal palazzo di viale Suzzani 155 alla periferia nord di Milano per andare a controllare le turbine della centrale Enel su incarico della Abb in cui era entrato il 10 febbraio 1988, 38 anni fa). Nel grande condominio rosso al quartiere Bicocca c’era nato a metà aprile di 59 anni fa e qui aveva vissuto ininterrottamente. Il padre era rimasto vedovo presto e, dopo la scomparsa anche di quest'ultimo, Paolo aveva ereditato l’appartamento al primo piano.
Un uomo che aveva dedicato al lavoro tutta la vita tanto che non aveva avuto modo di sposarsi e di fare una famiglia. Sempre con la valigia pronta per partire ovunque l’azienda decidesse di mandarlo (negli ultimi tempi molte le trasferte in Sardegna) mano a mano che le sue capacità lavorative crescevano con l’esperienza alimentata da una passione per il proprio lavoro che non è mai venuta meno. «Siamo noi la sua famiglia» dice Maggie, la titolare del panificio pasticceria sotto il condominio. «Noi e gli amici del quartiere» aggiunge la donna, che di Casiraghi ricorda la grande disponibilità e generosità verso chiunque avesse bisogno.
L’allarme tra gli amici è scattato martedì mattina quando dalla Abb di Sesto San Giovanni sono arrivate le telefonate della ditta che domandavano informazioni sulle persone da contattare. «È partito un giro di chiamate fra noi - spiega ancora Maggie - per cercare di capire qualcosa». All’inizio l’incredulità l’ha fatta da padrona. «L’ho sentito giusto martedì pomeriggio – racconta un amico – ma il cellulare non prendeva bene. Mi ha detto che era nel sottosuolo. Non era preoccupato e mi ha detto che ci saremmo risentiti». C’è anche chi è andato dal parroco della vicina chiesa di san Giovanni Battista alla Bicocca per vedere come organizzare un momento di saluto nel caso nessun parente si facesse vivo. Intanto sono molti i ricordi di chi lo ha conosciuto: dalla festa organizzata in cortile tanti anni fa, alle chiacchierate in pasticceria magari davanti a qualche aperitivo. Fino all’ultimo fotogramma. «Lunedì – dice ancora il portinaio Giuseppe – gli ho consegnato la patente che mi aveva incaricato di ritirare. Poi uno scherzo fra noi come spesso accadeva e infine una stretta di mano prima di allontanarsi. Per l’ultima volta».