mercoledì 27 novembre 2024
«Mi sono nuovamente sentito offeso, e la memoria di Giulia è stata umiliata» ha scritto il padre su Facebook. Da Pablo Escobar alla “tempesta emotiva”, ecco cosa è stato detto in aula
Gino Cecchettin in un momento di sconforto

Gino Cecchettin in un momento di sconforto - Ansa

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Gino Cecchettin ha atteso 24 ore per far sedimentare le emozioni e soprattutto l'indignazione che ha provato nel sentire le parole del difensore di Filippo Turetta pronunciate nell'arringa nell'aula della corte d'Assise di Venezia dove è in corso il processo all'assassino della studentessa. E ha espresso parole dure; inedite per chi, come lui, finora non aveva voluto esprimere valutazioni ma solo auspicato che si facesse giustizia. «Mi sono nuovamente sentito offeso, e la memoria di Giulia umiliata», sono le parole con cui il papà di Giulia ha chiuso il post affidato ai social.

«La difesa di un imputato è un diritto inviolabile – ha scritto Cecchettin – ma credo sia importante mantenersi entro un limite dettato dal buon senso e dal rispetto umano. Travalicarlo rischia di aumentare il dolore dei familiari, e di suscitare indignazione in chi assiste». Un riferimento specifico alle parole che l’avvocato Giuseppe Caruso ha pronunciato martedì per chiedere che non venissero applicate a Turetta le aggravanti che lo porterebbero dritto all’ergastolo, in particolare quella della premeditazione, come chiesto dal pm: «Giulia Cecchettin – ha sostenuto in aula il legale – non aveva paura di Filippo Turetta. Andava da uno psicologo, ma non ci risulta che fosse per la relazione con Filippo. Nessuno dubita che Filippo fosse ossessionato da Giulia ma i tanti messaggi da “relazione tossica” non possono essere relativi alla loro relazione prima dell’ottobre 2023». E ancora, sull'efferatezza del delitto e il numero infinito di coltellate inferte alla povera Giulia: «Filippo era in preda a una tempesta emotiva [...] Non è Pablo Escobar». La replica dei legali del giovane non s'è fatta attendere: «Come difensori siamo assolutamente certi di non aver travalicato in alcun modo i limiti della continenza espressiva, e di non aver mancato di rispetto a nessuno».

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