La distribuzione dei pasti in un corridoio del carcere di Cagliari
Gli ultimi due detenuti sono stati trovati senza vita nella loro cella a distanza di poche ore, domenica scorsa, festa della Repubblica e della Costituzione, nelle Case circondariali di Venezia e Cagliari. E così, dall’inizio dell’anno, sono saliti a 38 i suicidi dietro le sbarre. Un’emergenza intollerabile, un esito del sovraffollamento e di condizioni spesso invivibili per chi è costretto a scontare la pena in galera, dove gli addetti alla sorveglianza scarseggiano e le possibilità di occupare le proprie giornate in modo utile sono quasi sempre inesistenti. Nonostante l’art. 27 della nostra Carta.
Nell’istituto penale di Santa Maria Maggiore si è impiccato un 31enne di origini romene in attesa di giudizio: era stato arrestato a inizio aprile per tentato omicidio. Ubriaco, aveva accoltellato un barista a Mestre. Lascia la compagna e tre figli. «Un gesto del tutto inaspettato perché lui non aveva mai manifestato l’intenzione di uccidersi: fissata la data del processo, la procura era d’accordo per un patteggiamento» commenta il suo legale, Marco Marcelli, il quale precisa: «Stavamo preparando l’istanza di scarcerazione». Ma la disperazione aveva già raggiunto, nel suo animo, un punto di non ritorno.
Era ancora più giovane il ristretto che si è impiccato nel villaggio penitenziario di Uta, nel capoluogo sardo: A. M., queste le sue iniziali, aveva solo 23 anni, extracomunitario, era finito dentro da poco più di un mese. Si è spento nel reparto rianimazione dell’ospedale cagliaritano dopo due giorni di agonia. È il secondo suicidio, qui, in due mesi.
Ma non basta. In base ai dati forniti da Ristretti Orizzonti, oltre ai 38 suicidi, sono 52 i detenuti deceduti nei 92 istituti di pena italiani dal 1° gennaio per malattia o cause ancora da accertare. «Nel silenzio dei media, giorno dopo giorno, si sta consumando una vergognosa tragedia umana – denunciano gli avvocati dell’Unione delle camere penali –, si tratta di morti in custodia dello Stato, nel silenzio generale, senza che nessuna televisione nazionale accenda i riflettori del Paese per sollecitare immediati interventi a un governo e a un parlamento distratti e insensibili rispetto al dramma delle carceri». Per questo l’associazione che riunisce i penalisti italiani ha promosso una “maratona oratoria itinerante” nelle piazze delle città italiane, da Nord a Sud, «per dare voce a tutti coloro che, dentro le carceri, non hanno più diritti».
Le criticità esistono un po’ ovunque e sono quasi sempre le stesse. Dagli istituti di pena della Calabria arrivano al Garante dei detenuti e delle persona private della libertà, Luca Muglia, numerose segnalazioni relative a carenze dell’assistenza sanitaria. «Negli ultimi giorni anche la Casa circondariale di Rossano è rimasta priva dello psichiatra, di cui allo stato dispongono solo due o tre strutture sulle dodici esistenti nella regione» denuncia Muglia che parla di «squilibri territoriali» e indica come caso paradigmatico quello di Vibo Valentia in cui, «a fronte dell’assenza del servizio di psichiatria, il 30% circa dei reclusi è in trattamento farmacologico». E, aggiunge «anche nelle carceri calabresi mancano le condizioni minime di sicurezza: occorre cambiare passo, in caso contrario il sistema rischia seriamente di implodere con gravi conseguenze sotto il profilo del diritto alla cura delle persone detenute».
E sulla tragica escalation dei suicidi interviene anche Gennarino De Fazio, segretario generale Uil-Polizia penitenziaria: «Non c’è più tempo, se si vuole almeno tentare d’evitare di oltrepassare ogni record nella conta dei morti in carcere, di carcere e per carcere, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e il governo Meloni prendano atto dell’emergenza senza precedenti e varino un decreto-legge per consentire il deflazionamento della densità detentiva: sono oltre 14mila i detenuti in più rispetto ai posti disponibili, assunzioni straordinarie e accelerate nel Corpo di polizia penitenziaria, mancante di almeno 18mila unità, e il potenziamento della sanità inframuraria». «Siano avviate riforme strutturali e riorganizzative – conclude –, altrimenti temiamo un’altra ecatombe».