Il minstro della Salute, Orazio Schillaci (a destra), interviene al convegno Aiom in occasione della Giornata mondiale contro il cancro - Ansa
Prevenzione è la parola d’ordine nella lotta ai tumori. Lo hanno ripetuto molti esponenti del mondo sanitario, dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, alle associazioni degli oncologi e a quelle dei pazienti, in occasione della Giornata mondiale contro il cancro che ricorre oggi, all’insegna del motto: colmare il divario di cura.
L’Italia vanta una sopravvivenza migliore della media europea (dati della Commissione Europea e dell’Ocse), ma permangono differenze regionali, evidenti anche nell’adesione agli strumenti di prevenzione secondaria, gli screening, per alcuni tra i tumori più diffusi: colon-retto, seno, utero. E un ulteriore fattore di squilibrio è rappresentato dalle condizioni di povertà materiale e sociale, che diventa – dati alla mano – un fattore di rischio maggiore per la mortalità da cancro.
«Ci siamo impegnati fin da subito – ha detto ieri il ministro Schillaci al convegno promosso dall’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) – sul tema prioritario della prevenzione e della cura del cancro: il primo segnale è stato accelerare l’adozione del piano oncologico nazionale 2023-2027, approvato pochi giorni fa anche dalla Conferenza Stato-Regioni.
Le risorse, 20 milioni di euro, arriveranno con l’approvazione del decreto milleproroghe e rafforzeranno ulteriormente l’efficacia del piano che affronta tutti gli aspetti delle malattie neoplastiche e sottolinea la centralità del malato nel superamento delle disuguaglianze».
E alle disuguaglianze ha fatto riferimento anche l’Aiom: «Nel 2021 – ha rilevato Francesco Perrone, presidente eletto Aiom – si è osservato un ritorno ai dati pre-pandemici per quanto riguarda la copertura dei programmi di prevenzione secondaria. Ma non basta, perché restano ancora troppe differenze regionali. In particolare, nel 2021, al Nord i valori di copertura della mammografia hanno raggiunto il 63% rispetto al 23% al Sud. Per lo screening colorettale (ricerca del sangue occulto nelle feci) il dato è del 45% rispetto al 10%. Nello screening cervicale (Pap test, ndr), al 41% delle Regioni settentrionali fa da contraltare il 22% di quelle meridionali».
Mentre la Federazione delle associazioni di volontariato in oncologia (Favo) punta l’attenzione sulle disparità di costi: «Un nostro sondaggio – spiega il presidente Francesco De Lorenzo – ha dimostrato che, a causa delle lacune del Servizio sanitario nazionale, i malati spendono in media 1.800 euro di tasca propria per curarsi. Di cui 700-800 per la mobilità interregionale e 400 per effettuare indagini diagnostiche, cui ricorrono privatamente a causa delle lunghe liste d’attesa che ritarderebbero l’accertamento della diagnosi».
Anche il ministro Schillaci ha riconosciuto che è una «priorità» che i 3,6 milioni di malati di tumore nel nostro Paese abbia la stessa presa in carico «dalla prevenzione all’assistenza domiciliare, alle terapie, alla riabilitazione, fino all’accompagnamento al fine vita», indipendentemente dalla residenza, dal reddito e dal grado di istruzione.
La Società italiana di medicina ambientale (Sima), nel ricordare che il costo sociale dei tumori è pari a circa 20 miliardi di euro l’anno, chiede di «puntare sulla prevenzione primaria, soprattutto rispetto ai determinanti ambientali che incidono sull’insorgenza dei tumori». In particolare, sottolinea il presidente Sima, Alessandro Miani, «rimuovere le esposizioni ai cancerogeni ambientali». Sima segnala la crescita dei casi di tumore: dal 250mila del 2010 ai 376mila del 2020.
«L’Italia – osserva il presidente Aiom, Saverio Cinieri –, sembra soffrire meno delle disuguaglianze sociali nei tumori», che vedono in Europa il 32% delle morti per cancro negli uomini e il 16% nelle donne legato a povertà e bassa istruzione, che favoriscono stili di vita scorretti (fumo, sedentarietà), scarsa frequenza agli screening, minore accesso alle cure, diagnosi più tardive.
«Nel 2022 in Italia – aggiunge – sono state stimate 390.700 nuove diagnosi di cancro. Il 40% dei casi può essere evitato agendo su fattori di rischio modificabili. Il fumo di tabacco è associato all’insorgenza di circa un tumore su tre e a ben 17 tipi di neoplasia».
Ultima criticità, la burocrazia. «Una ricerca svolta in 35 strutture ospedaliere su 1.469 pazienti visitati – rivela Rossana Berardi (Aiom) – ha mostrato che, durante un appuntamento, per 11 minuti dedicati alla visita della persona, ulteriori 16 vengono spesi per la compilazione di moduli, prenotazione di appuntamenti, visite, esami, letti e poltrone per ricoveri o Day hospital, prescrizioni, invio di email». Un carico che andrebbe alleggerito affiancando al medico altre figure professionali, suggerisce l’Aiom.