giovedì 30 maggio 2024
È polemica per le autorizzazioni edilizie concesse dai Comuni interessati dal bradisismo. Legambiente: «Mancano i divieti per legge, nonostante gli annunci. Va ridotto il carico abitativo»
Uno dei palazzi danneggiati a Pozzuoli

Uno dei palazzi danneggiati a Pozzuoli - Ansa

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Il caso più eclatante, almeno in ordine di tempo, è quello del Comune di Bacoli, il cui Consiglio comunale ha approvato il mese scorso un nuovo piano urbanistico comunale che consente di costruire 350 nuove case. Il sindaco, Josi Gerardo Della Ragione, che la settimana scorsa è stato ricevuto a Palazzo Chigi con i sindaci di Pozzuoli e Napoli, si è difeso precisando che «non si tratta di nuovo cemento» e che al massimo ci sarà solo «qualche aumento di volumetria per chi abbatterà vecchie abitazioni in zone a rischio e per chi non ha una casa».

Tuttavia, proprio mentre nel suo Comune e in tutta l’area dei Campi Flegrei si susseguono i terremoti, e mentre a Pozzuoli sono state montate le prime tende e decine di famiglie sono state sgomberate, si fa sempre più chiaro un dato: nonostante il rischio sismico e il rischio vulcanico, in quel territorio non esiste ancora nessuna legge che vieta di costruire.
Ciò ha consentito di farlo nel recente passato, e nulla vieta di farlo ancora. Ancora una volta è utile citare Bacoli come esempio, passata da 10mila a 25mila abitanti dagli anni Settanta a oggi. A pochi chilometri di distanza, nel territorio dei Comuni della zona rossa del Vesuvio, dal 2003 non si può invece muovere neanche un mattone: vincolo assoluto. Lo stesso che ha invocato anche ieri il ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci. Come è stato per la zona rossa del Vesuvio, a porlo dovrebbe essere una legge regionale.

«Bisogna uscire innanzitutto dalle semplificazioni – ammonisce Anna Savarese, componente del direttivo di Legambiente Campania −. Quando si parla dei Campi Flegrei, non si può solo parlare, come si sta facendo, del rischio sismico: bisogna ricordare che migliaia di persone vivono su un vulcano. In presenza di un rischio simile, è chiaro che bisogna pensare a ridurre il carico abitativo e a incentivare la delocalizzazione su base volontaria. Visto che si tratta di una materia concorrente tra Stato e Regione, sia il governo che la Regione Campania devono lavorare in questo senso». Tradotto: occorre immediatamente porre dei vincoli, proprio come è stato fatto nell’area del Vesuvio, e offrire incentivi a chi vuole andare a vivere lontano dall’area del rischio. «Che non si tratti, infatti, di deportazioni di massa – avverte Savarese −. In passato si è ragionato così. Dopo la crisi bradisismica degli anni Ottanta, si sono svuotate zone più toccate dal fenomeno del sollevamento e dell’abbassamento del suolo. Sono nati, a pochi chilometri distanza e nello stesso territorio del Comune di Pozzuoli, quartieri come Monteruscello, che conta 35mila abitanti ma rientra sempre nell’area a rischio».

L’esponente di Legambiente ricorre a un’immagine per evocare il rischio con cui convivono 600mila persone: «Si deve pensare che la popolazione dei Comuni dell’area dei Campi Flegrei vive su decine di crateri, molti dei quali sono tombati proprio dal cemento. Bisogna fare i conti con questa realtà: le classi dirigenti locali finora non l’hanno fatto. Ora, Stato, Regione e Comuni sono chiamati a fare la loro parte fino in fondo». Nei giorni scorsi, l’associazione ambientalista ha parlato, in relazione alla crisi bradisismica in corso nei Campi Flegrei, di «assenza di un’adeguata pianificazione urbanistica, colpevoli ritardi nella redazione dei piani di evacuazione e nella realizzazione delle vie di fuga». Secondo Legambiente, gli interventi nell’area a rischio andavano fatti «nei quarant’anni trascorsi dall’emergenza del 1984. Per questo motivo, fu istituita, ed è ancora in essere, una gestione commissariale straordinaria in capo ai presidenti di Regione che si sono avvicendati. Occorreva agire nella quiescenza del bradisismo e non ridursi ad operare nell’emergenza, soprattutto perché è dal 2005 che l’Osservatorio Vesuviano-Ingv ha registrato l’inizio della risalita del magma con una media di circa 15 millimetri al mese. Tanto che, nell’area del Rione Terra, l’innalzamento dal 2005 a oggi è stato di circa 115 centimetri».

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