«Dallo studio sulla fertilità escono dati preoccupanti e... una “bomba rivoluzionaria”, quella sulla sessualità dei più giovani ». È il giudizio di Francesco Belletti, sociologo e direttore del Cisf (Centro internazionale studi famiglia).
Professore, dall’indagine risulta che un adolescente su tre ha avuto rapporti sessuali completi (il 35% dei maschi e il 28% delle femmine). Ma nella fascia tra i 16 e i 18 anni la percentuale sale addirittura all’80%. Che ne pensa?
Si tratta di un esercizio diffuso. Sono dati impressionanti che mettono in evidenza una superficialità da primo approccio. Non esiste più il senso del pudore né la tendenza all’approfondimento della relazione affettiva nella quale il corpo è considerato come un presidio da difendere e svelare un po’ per volta. Si banalizza la sessualità. Al di là dell’aspetto igienico-sanitario qui emerge un impoverimento del valore relazionale della sessualità. È una questione di maturità, ritengo. Una vera “bomba rivoluzionaria” che svuota di significato la relazione con l’altro proprio nella massima sfera di espressione della persona.
Quasi il 90% dei ragazzi dai 15 ai 17 anni dice di aver appreso delle problematiche relative alla salute sessuale e riproduttiva su Internet lasciando in secondo piano la famiglia e la scuola...
E questa è una grande responsabilità di tutti gli ambiti educativi. Un segnale sconfortante. Scegliere il web per conoscere e approfondire aspetti così importanti significa affidarsi a uno strumento di scarsa affidabilità e qualità. In questo caso la Rete è come un elefante che entra in un negozio di cristalli...
L’altra questione sollevata dalla ricerca è quella del desiderio di paternità: 8 intervistati su 10, ovvero l’80%, tra i 15 e i 25 anni affermano di desiderare un figlio, una percentuale che si dimezza, però, nell’età adulta. E inoltre il 7% degli adolescenti pensa di non avere figli nel suo futuro. Colpa della crisi economica e dell’incertezza che si vive oggigiorno?
I ragazzi percepiscono la bellezza dell’essere genitori. Ma il desiderio andando avanti con gli anni cala perché ci si rende conto che l’esperienza genitoriale comporta fatica e sacrificio, impegni che oggi si tendono a cancellare. È l’esito di un clima culturale, più che economico: ogni cosa che costa fatica diventa un’obiezione alla felicità. Perché il figlio è una scelta che vincola, significa essere al servizio di qualcuno, implica una totale donazione. Ecco allora la classica domanda: “chi me lo fa fare?”.
E quindi come intervenire?
Serve una sfida culturale. Se nel passaggio dalle scuole superiori all’università il progetto generativo di un giovane crolla vuol dire che c’è fragilità, che esiste un debito di speranza. C’è troppa solitudine. Ma il tema della denatalità non è un fatto privato e va affrontato anche a livello politico. È necessario dare più rilievo, per esempio, al lavoro che stanno facendo i consultori familiari cattolici, anche con le scuole. I consultori legati all'esperienza ecclesiastica stanno facendo un buon lavoro sul tema, lavorando sull'educazione integrale della persona, mentre i consultori pubblici, quando intervengono (e non sempre lo fanno), difficilmente escono da un ambito tecnico-sanitario.