Foto dall'archivio Ansa
Nel giorno in cui gli scafisti ancora una volta hanno bucato i controlli nel Mediterraneo, caricando 450 persone su un vecchio peschereccio diretto in Sicilia e provocando un nuovo scontro tra Roma e Malta, emergono nuovi dettagli sul falso allarme con cui sono stati fatti «ostaggio» della politica i 67 migranti salvati dalla Vos Thalassa e trasbordati sulla nave Diciotti.
Un elicottero della Marina Militare aveva imbarcato un team di incursori che avrebbe dovuto compiere un blitz per ristabilire l’ordine e prendere il timone del rimorchiatore che aveva preso a bordo i 67 "facinorosi". «Eravamo pronti a saltare sulla nave per prenderne il controllo». Non ce n’è stato bisogno. «La situazione era sotto controllo, l’allarme non era giustificato, nessun pericolo né per l’equipaggio né per i migranti». Il velivolo, hanno confermato diverse fonti militari ad Avvenire, si è tenuto a distanza, senza farsi notare, ma ha osservato e registrato tutti i movimenti sul vascello.
Nelle stesse ore in cui il ministro dell’Interno parlava di «dirottamento», gli specialisti tornavano alla base non prima di avere comunicato l’annullamento della missione proprio alle autorità di Roma, assicurando che non vi era stato alcun ammutinamento dei migranti poi trasbordati sulla Diciotti e infine “liberati” a Trapani dopo l’intervento del presidente Mattarella.
Ma ieri ad agitare le acque tra Roma e La Valletta è arrivato l’avvistamento di un barcone con 450 migranti che, seppure in acque internazionali, ha incrociato il tratto di mare il cui coordinamento dei soccorsi (ma non lo sbarco) spetta alla centrale operativa di Malta. Il peschereccio, messo in mare riprendendo le vecchie tattiche dei trafficanti che così aumentano i profitti con una sola traversata, nel tardo pomeriggio ha puntato la prua verso la Sicilia, entrando nell’area di soccorso di competenza italiana. Ancora in tarda serata, né il governo né la Guardia costiera avevano comunicato quale sarebbe stata la sorte delle persone ammassate nella stiva e sul ponte del peschereccio, avvistato a poche miglia da Linosa. Il natante, partito probabilmente da Zuara, in Libia, è stato raggiunto da due motovedette italiane e potrebbe giungere a Lampedusa questa mattina o in Sicilia questa sera. Della nuova carretta del mare si è appreso solo dopo che Matteo Salvini ha scritto via Twitter che Malta «si è fatta carico di intervenire», ma «a distanza di ore nessuno si è mosso», aggiungendo che l’imbarcazione «non può e non deve arrivare» in un porto italiano. Posizione a cui si è associato anche il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli.
A Trapani, intanto, proseguono gli accertamenti della procura in particolare sul sudanese Ibrahim Bushara e il ghanese Hamid Ibrahim, accusati di violenza privata aggravata e continuata in concorso. I due, sospettati di aver spaventato i 12 uomini dell’equipaggio della Vos Thalassa, non sono stati fermati. «Non abbiamo aggredito nessuno, ci sono stati 5-10 minuti di grande confusione e paura, ma non volevamo fare del male ad alcuno», hanno spiegato. «Eravamo terrorizzati, non volevano tornare in Libia: eravamo pronti a buttarci in mare, anche a morire, anziché tornare a terra». I racconti di alcuni dei 67 migranti sono stati riferiti da Sahar Ibrahim, operatrice italo-egiziana di Unicef-InterSos a bordo dalla nave della Guardia costiera italiana.
estimonianze purtroppo non inedite. Come quella di una coppia di genitori migranti a cui era stato rapito il figlio per ottenere più soldi. I trafficanti hanno mozzato il dito del bambino e poi, davanti a tutti gli altri migranti imprigionati in un campo di raccolta illegale, hanno esibito la falange per dimostrare di quali atrocità sono capaci. Una donna di 50 anni ha riferito di essere stata violentata ripetutamente anche prima della partenza. Un racconto confermato dai medici dell’Ordine di Malta e dai sanitari trapanesi che l’hanno visitata. Un ragazzo, tra le lacrime, ha raccontato della moglie, assassinata dai trafficanti all’interno di uno dei lager libici.