venerdì 23 agosto 2024
Il presidente della Consulta interpreta l'ultima sentenza sul fine vita: «Solo in casi limitatissimi c'è diritto a rifiutare ulteriori terapie». E sulle riforme: «Sulla Costituzione un gioco dell'oca»
Il presidente della Consulta, Augusto Barbera, nel dibattito con Giorgio Vittadini, presidente Fondazione per la Sussidiarietà.

Il presidente della Consulta, Augusto Barbera, nel dibattito con Giorgio Vittadini, presidente Fondazione per la Sussidiarietà. - Fotogramma

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«Nessun cedimento ad inammissibili pratiche eutanasiche» nei pronunciamenti della Corte Costituzionale. Il presidente della Consulta, Augusto Barbera, parla al Meeting di “Costituzione come bene comune” e dedica al tema dei diritti e soprattutto al fine vita, gran parte del suo intervento. Il riferimento in particolare è alla «recentissima sentenza del 18 luglio scorso in cui «cerca di andare al di là del riferimento ai soli trattamenti di sostegno vitale forniti da macchine o congegni elettronici e ha precisato che si può fare comunque riferimento anche a trattamenti compiuti da personale sanitario o da familiari che, se sospesi o rifiutati, determinano la morte del paziente».


Nessun cedimento in ogni caso, per Barbera, all’eutanasia , che definisce «inammissibile». Nella decisione, ricorda, «viene affermato che “ogni vita è portatrice di una inalienabile dignità, indipendentemente dalle concrete condizioni in cui essa si svolga”». Il pronunciamento della Consulta si ricollega anche alla sentenza 50 del 2022 con cui - ricorda ancora Barbera - la Corte aveva bocciato il referendum abrogativo «che avrebbe di fatto reso legittime possibili forme di eutanasia». Viene invece riconosciuto, «lo dico in sintesi, non un diritto a darsi la morte ma, se mai, solo un diritto a lasciarsi morire, rifiutando ulteriori terapie». E «solo in taluni limitatissimi casi, sarebbe possibile richiedere un aiuto ad agevolare la propria decisione (un aiuto a morire e non solo “nel morire”, come nel ricorso alle cure palliative)».


Barbera, che aveva parlato anche del contesto di “bipolarismo etico” in cui è stata chiamata a intervenire, mostra consapevolezza sugli aspetti controversi contenuti nella decisione: «Si può ovviamente essere d’accordo o meno sulla soluzione che la Corte costituzionale ha dovuto adottare - aggiunge -. Chi guarda ai diritti critica la sentenza e parla di un insufficiente passo in avanti verso una piena libertà di scelta, chi guarda alla vita come valore denuncia una incrinatura dello stesso, in direzione eutanasica».


Ma è questo il messaggio che manda Barbera: chi obietta sul contenuto di questo come di precedenti pronunciamenti deve tener conto che essi si sono resi necessari per la “latitanza” del legislatore. «La Corte torna con decisione a ribadire la necessità di un intervento del Parlamento», insiste. E giudica «in proposito interessante» la recente pubblicazione di monsignor Vincenzo Paglia, dell’Accademia pontificia della vita, che «mostra interesse ad un dialogo volto a individuare uno spazio perché il Parlamento sia in grado di fare le scelte migliori».


Passando poi alle riforme istituzionali, Barbera ha parlato di «un gioco dell’oca», in riferimento ai tentativi in atto «dal 1983» di riformare la seconda parte della Costituzione. «Auspico che si trovi una soluzione, quella ritenuta più adatta. Si vuole tenere fermo il regime parlamentare? Si tiene fermo, però un regime parlamentare effettivo, vero, non lo pseudo regime parlamentare che abbiamo. Oppure l'elezione diretta del presidente del Consiglio o del capo dello Stato, ma bisogna trovare delle soluzioni».


Il tema delle riforme era stato toccato, nel pomeriggio, al Meeting, sul versante dell’autonomia differenziata (e dei ricorsi presentati da alcune Regioni di centrosinistra) con un confronto fra il neo eurodeputato Stefano Bonaccini per il Pd e Massimiliano Fedriga per la Lega, cioè l’ex presidente dei governatori e l’attuale. «Chiedetevi perché fra le quattro regioni che l’hanno chiesta non ce n’è nessuna del Centro-Sud e chiedetevi anche perché il Pd è tornato a essere il primo partito al Sud»,incalzava Bonaccini, paventando la mancata tenuta del sistema sanitario e il ritorno a una sanità solo per ricchi garantiti da assicurazioni private. La replica di Fedriga: «La parità dei servizi viene garantita dai Lep, i livelli essenziali delle prestazioni, che c’erano già da prima , ma nessuno li aveva mai attuati prima dell’approvazione della legge sull’autonomia differenziata. E ora nessuna autonomia sarà possibile se non saranno prima approvati i Lep», ribadisce il presidente del Friuli Venezia Giulia che poi lancia, fra gli applausi della platea, lo slogan «l’autonomia è responsabilità».



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