Gli enti locali segnano un punto a favore nel braccio di ferro sul contrasto al gioco d’azzardo. Ad assegnarlo, ieri, ha provveduto la Corte Costituzionale che con una sentenza (la 108) ha respinto le questioni di legittimità su una legge del 2013 della Regione Puglia. A decidere il rinvio alla Consulta, a luglio 2015, era stato il Tar di Lecce sulla base di un ricorso relativo al procedimento fra una società concessionaria per le scommesse (la Gilupi srl) e il Comune di Melendugno sul divieto di installare sale da gioco e slot in esercizi ubicati a meno di 500 metri dai cosiddetti 'luoghi sensibili' (istituti scolastici, luoghi di culto, oratori, impianti sportivi, ecc.). Il successo ottenuto dalla Regione è duplice: oltre ad aver stabilito la legittimità della facoltà di fissare una distanza minima, i giudici hanno deciso che questa legge pugliese non viola l’art. 117 della Carta, quello che attribuisce allo Stato la competenza esclusiva in materia di 'ordine pubblico e sicurezza'.
La norma in questione andrebbe infatti configurata nel campo della 'tutela della salute', materia per la quale sono riconosciuti i poteri concorrenti fra Stato e Regioni. La decisione della Consulta concorre a rendere ancora più 'elettrico' il clima che regna attorno alla Conferenza Unificata (con enti locali e Regioni), che tornerà a riunirsi fra due settimane dopo il risorgere di opposizioni e perplessità (in particolare proprio di Puglia e Lombardia). Pier Paolo Baretta, il sottosegretario all’Economia con delega ai giochi, è tornato a lanciare un appello accorato: «È urgente concludere la discussione aperta. Non si può più continuare in una situazione di confusione normativa, di eccesso di offerta di gioco, di crescita della ludopatia, di assenza di regole. Le persistenti polemiche non colgono l’urgenza di decidere. Spero prevalga la saggezza».
In ballo c’è sempre il decreto per il riordino del settore, che punta a tagliare del 30% le slot e anche a ridurre fino a '150 metri', su scala nazionale, le distanze dai luoghi sensibili. Parole, quelle di Baretta, contenute nel messaggio inviato alla Luiss per il convegno della Fondazione Bruno Visentini in cui è stata presentata una ricerca su 'La percezione sociale dell’azzardo' commissionata dalla Fundacion Codere, legata all'omonimo concessionario spagnolo (nonché italiano). L’indagine sottolinea peraltro un punto: per quanto importante, il dibattito sulle distanze rischia di essere oscurato dal crescente peso del gioco on-line, da collegare anche alla diffusione di telefonini e smartphone. Un dato per tutti: nel 2012 esistevano appena 12 app destinate ai giochi, oggi circa l’80% degli erogatori di servizi permette di giocare mediante 'sistemi mobili'. E i giocatori online sono saliti in un anno di 300mila unità, da 3,1 a 3,4 milioni.
Un dato reso ancor più grave dal fatto che coloro che utilizzano le piattaforme illegali risultano essere ancora molti, quasi il 42% fra i 1.604 intervistati. Un altro luogo comune che lo studio (per il quale il gioco preferito dagli italiani continua a essere il 'Gratta&Vinci', anche se la percentuale maggiore di giocate è concentrata quasi al 50% su newslot Vlt) vorrebbe smontare è quello che a scommettere siano soprattutto i più poveri: tra i laureati, il 47% risulta consumatore di azzardo. Il dibattito è stato introdotto dall'economista Giuseppe Di Taranto, il quale ha sottolineato che a produrre danni patologici «non è tanto il tempo libero, quanto il 'liberato', quello cioè di disoccupati, pensionati e categorie simili, ragion per cui è soprattutto sul contesto sociale che bisogna agire».