Alcuni fra i membri della Banda della Magliana - Ansa
Marcello Colafigli, l'ultimo boss della Banda della Magliana, non era ancora andato in pensione ma continuava a guidare un’altra banda dedita al traffico di droga, pur in regime di semilibertà. Il 70enne è stato arrestato dai carabinieri nel corso di una maxi operazione antidroga. Su delega della Direzione distrettuale Antimafia della procura di Roma, i carabinieri hanno eseguito 28 misure cautelari (11 in carcere, 16 ai domiciliari e un obbligo di firma) in diverse città: Roma, Napoli, Foggia e Viterbo.
Per gli investigatori, a capo del gruppo c'era proprio Colafigli, il “Bufalo” della Banda della Magliana in “Romanzo Criminale”, che sarebbe riuscito a pianificare cessioni e acquisti di ingenti quantitativi di droga dall’estero mantenendo rapporti con esponenti della ’ndrangheta, camorra e della mafia foggiana. Le accuse sono di associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, di tentata rapina in concorso, tentata estorsione in concorso, ricettazione e possesso illegale di armi, procurata inosservanza di pena e favoreggiamento personale.
Dalle indagini, avviate nel giugno 2020, è stata accertata l’esistenza del clan, con base logistica nella capitale e operativo nell’area della Magliana e sul litorale laziale. Colafigli è stato uno dei promotori nella storia della banda, attiva a Roma per oltre un decennio, dalla fine degli anni ’70 all’inizio degli anni ’90, insieme a Franco Giuseppucci, Enrico De Pedis, Maurizio Abbatino e Nicolino Selis. Con vari ergastoli sulle spalle, Colafigli era stato condannato per il sequestro e l’omicidio del duca Massimo Grazioli Lante della Rovere nel 1977 - considerato l’anno in cui iniziò l’attività criminale della banda - e l’omicidio, come mandante, dello stesso De Pedis: quest’ultimo fu attirato in un’imboscata, con la complicità di Angelo Angelotti, in una bottega d’antiquario nel centro di Roma il 2 febbraio 1990, e qui assassinato. Colafigli era stato anche rinchiuso in un manicomio di Aversa, da cui era evaso, dopo che aveva giustificato la partecipazione a un agguato a Roma del 1981 per vendicare l’omicidio di Giuseppucci.