giovedì 21 ottobre 2021
Dopo la richiesta di proscioglimento per “Mare Jonio”, arriva la definitiva archiviazione per l’Ong tedesca. E la Cassazione stabilisce che i migranti passati dalle prigioni libiche vanno tutelati
La nave Sea Watch 3

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Dopo la richiesta di archiviazione per Mare Jonio, arriva il definitivo proscioglimento anche per Sea Watch. Non bastasse, la Corte di cassazione ha bocciato, con una sentenza che farà giurisprudenza, la mancata concessione della protezione internazionale a un migrante che, secondo la corte, meritava di essere tutelato come chiunque sia sopravvissuto ai campi di prigionia in Libia.

Il caso della nave Sea Watch, dopo oltre due anni di indagini della procura di Agrigento, è stato chiuso con l’archiviazione disposta dal giudice delle indagini preliminari su richiesta degli inquirenti. Era uno dei salvataggi avvenuti nel complicato maggio 2019. Il comandante Arturo Centore, assistito dai legali Leonardo Marino e Alessandro Gamberini, portò la nave a Lampedusa, dove venne sequestrata per ordine della procura. Ma anche quella volta la condotta di una motovedetta libica appare oggi «in contrasto con quanto normalmente previsto in tutto il Mondo per l’attività Sar, cioè per l’attività di ricerca e salvataggio in mare, nella quale – si legge nel dispositivo del giudice – di solito gli Stati si avvalgono di ogni mezzo a disposizione (pubblico o privato) presente nell’area dell’evento per individuare il natante in difficoltà e per salvare le persone a bordo».

Il procuratore aggiunto Salvatore Vella e il pubblico ministero Cecilia Baravelli, dopo avere iscritto l’equipaggio sul registro degli indagati, sono arrivati alla conclusione che «i soccorritori agiscono, infatti, perché costretti dalla necessità di salvare le persone che si trovano a bordo delle precarie imbarcazioni con le quali effettuano le traversate nel Mar Mediterraneo». Perciò gli indagati hanno adempiuto «ai doveri previsti dalle fonti nazionali e sovranazionali, che impongono agli Stati e ai comandanti delle imbarcazioni tutte, pubbliche e private, il salvataggio delle vite umane in mare».

E’ come se di colpo la dottrina Minniti, confermata e aggravata poi da Matteo Salvini e infine mai del tutto riformata dai governi successivi, si infrangesse di colpo. «Le considerazioni sulla certificazione rafforzano il caso Sea Watch rimesso alla Corte di Giustizia Ue dal Tar di Palermo, che chiarirà se l’Italia possa imporre standard su navi straniere – osserva Giorgia Linardi, portavoce di Sea Watch –. Se i pm di Agrigento concludono che non possa farlo su quelle italiane, a maggior ragione la Guardia costiera non può imporre regolamenti, per altro inesistenti come sottolineato dagli inquirenti, su navi battenti bandiera estera».

Una volta sbarcati a terra i richiedenti asilo devono poi misurarsi con il percorso a ostacoli verso il riconoscimento della protezione internazionale. La Corte di Cassazione è intervenuta accogliendo il ricorso di un giovane senegalese, a lungo segregato e seviziato nei campi di prigionia libici, ma che non si è visto accogliere la domanda d’asilo. La corte ha rinviato il caso ai giudici di secondo grado, perché, oltre alla minore età il tribunale che aveva respinto i precedenti ricorsi «ha del tutto trascurato» specialmente «le violenze subite nel campo di detenzione in Libia».

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